Di un pubblicista potrete innamorarvi: è pieno di qualità. Da dove arriva questa sicurezza? Prima di tutto facciamo un passo indietro, e torniamo nel 1993. Precisamente all’articolo 1 della legge 69/1993. E’ qui che si è definito il pubblicista “colui che svolge attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercita altre professioni o impieghi”. In altre parole: il pubblicista scrive, e tanto, non occasionalmente.
Ma di questo solo non campa. Mentre il giornalista vero e proprio gode della professionalità esclusiva, il pubblicista può, ma soprattutto deve trovarsi qualcos’altro mentre scrive. Non per niente i pubblicisti sono ragazzi con la passione del giornalismo che, mentre si fanno le ossa per quello che è in effetti un sogno, si cimentano nei lavori più svariati. Infatti, non meno importante è il fattore retribuzione, o fattore $.
Tale attività non occasionale deve essere debitamente documentata anche in caso di firma anonima o pseudonima, dai famigerati “cedolini”. Queste ricevute per la prestazione effettuata incutono terrore nel giovane pubblicista, e sono per lui un ulteriore calvario. Non solo è difficile ottenerle – e quindi evitare di lavorare senza vedersi riconosciuta l’attività, ma pretenderne una gestione temporalmente precisa è del tutto impossibile.
Da non dimenticare per chi vuole essere tra gli eroi del nuovo millennio: per alcuni cavilli burocratico/economici che vedono l’Inps e l’Inpgi fare scaramucce sulla traduzione economica del termine “lavoro occasionale”, la retribuzione ritenuta valida oscilla tra i 13 ed i 41 euro ad articolo. Il che, moltiplicato per il minimo storico di articoli utili a diventare pubblicista (40, ma il totale varia da regione a regione), significa tra 520 e 1640 euro in due anni. Ulteriore conferma all’ipotesi che il pubblicista debba arrotondare. Parecchio.
Non da ultimo, ammesso e non concesso che il sogno del pubblicista sopravviva alla giungla di sciacalli della carta stampata, l’albo dei giornalisti gli perdona l’ingenuità: riconoscendo che siano valide “pubblicazioni di qualsivoglia contenuto e frequenza”. Il che significa, in parole povere, che il nostro pubblicista è autorizzato a cimentarsi nelle più assurde trovate editoriali, e debba sottoporsi alle peggiori argomentazioni, se non trova di meglio.
Ovvio che sia un reporter. Certo che va a caccia della notizia. Però deve scrivere praticamente gratis. Per mantenersi deve trovare un altro lavoro. Può darsi che gli mettano i bastoni fra le ruote. Ma per lui è la passione a prevalere. Il pubblicista è un eroe.