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“L’unica vita che avevo”: conversazione con Benny Limone, esordiente scrittore avellinese

R. C.
25/11/2024

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“Aumenta la concezione negativa che già avevi di te ma col tempo perdi il filo dei ricordi, la trama della tua vita si va dissolvendo, concentrato come sei sul presente e sull’esigenza di annullarti. Vivi un senso costante di malessere, una sensazione di morte che alla lunga nemmeno lo sballo riesce più a coprire ma non sai nemmeno tu cos’è, ti riesce sempre più difficile collegarla agli episodi della tua esistenza, il legame tra il tuo sentire più intimo e la realtà esterna diventa sempre più flebile e vivi come se fossi un’altra persona, quella che vorresti essere quella che di volta in volta sei costretto a essere. Ma quello che credi di aver sepolto continua a lavorarti dentro, a lacerarti. Puoi annebbiare il cervello, puoi ingannare il cuore, puoi reprimere il tuo corpo fino a distruggerlo ma la parte più intima di te non muore. Si fa sempre più compressa, si assopisce ma la fiammella non si spegne. È li che devi andare a guardare, perché lì si nascondono i fantasmi della tua esistenza ma anche quel che resta della tua voglia di vivere e di lottare, è lì che devi avere il coraggio di lavorare affinché la fiammella si ravvivi e torni ad accendere la tua vita…

Questi sono solo pochi frammenti del bellissimo libro “L’unica vita che avevo” dell’esordiente scrittore avellinese Benny Limone. Il libro, in forma romanzata, partendo dall’esperienza personale dell’autore come volontario presso centri di recupero per tossicodipendenti, racconta del duro mondo della droga, del come ci si possa ritrovare immersi senza nemmeno accorgersene, di come sia difficile acquisire la consapevolezza “di esserci dentro”, di come possa essere duro avere il coraggio e la forza di affrontare un percorso di recupero. Ma “L’unica vita che avevo” parla anche dell’amore puro, della forza dell’amicizia, di rapporti familiari complessi, tutto attraverso uno stile fresco, pulito, scorrevole. Un libro che si presta a una lettura tutta d’un fiato: presto, già dalle prime pagine, ci si affezionerà al suo protagonista, Riccardo, perennemente conteso tra il bene e il male, tra i suoi due mondi paralleli, tra la devozione alla droga e la strada difficile della redenzione.

Perché “L’unica vita che avevo”: da quali motivazioni personali nasce e soprattutto qual era il suo intento nel trattare certi contenuti? Arriva prima la storia o l’idea del libro?

Il titolo a prima vista sembrerebbe avere un’accezione negativa, potrebbe trasmettere un certo fatalismo che sconfina nella rassegnazione. L’intento invece è proprio quello di sottolineare che poiché abbiamo un’unica vita dobbiamo cercare di viverla al meglio e di lottare per salvarla anche nei momenti in cui ci sembra persa. E’ chiaro che in questo ci sono motivazioni legate alla mia storia, in particolare alla lunga esperienza di operatore volontario presso centri di recupero per tossicodipendenti. L’idea del libro nasce da lì.

Questo libro ha sancito il suo debuttato come scrittore: che effetto le fa essere definito tale e non più un sociologo o un impiegato regionale? Cosa si sente più di essere oggi?

Quella di scrittore è un’attività che, per quanto bella e gratificante, ho appena iniziato, per cui non mi sento assolutamente diverso da prima. Semplicemente la mia vita è un po’ più movimentata e meno noiosa se non altro perché si è arricchita di molte conoscenze ed esperienze che non pensavo di poter fare.

Lei ha appena partecipato alla Fiera internazionale di Torino, evento cui partecipano i più grandi nomi del panorama letterario italiano e straniero, quali emozioni, quali impressioni?

Un’esperienza altamente gratificante, il contatto con il mondo della cultura è sempre costruttivo, soprattutto quando incontri persone che fanno il mestiere di scrittore e di editore per passione e non solo per soldi. Sono quelli i momenti in cui ti ricredi rispetto alle delusioni avute quando mandavi in giro il tuo manoscritto e nessuno ti rispondeva oppure se lo faceva ti chiedeva dei soldi per pubblicare e capisci che è valsa la pena di perseverare e trovare qualcuno che credesse veramente in te.

Campagne di sensibilizzazione, educazione, valori e principi più o meno saldi alle spalle, affetti: tutto ciò non basta a tenere lontani i giovani dal mondo della droga. Lei esperto di recupero dei tossicodipendenti, cosa ritiene si possa fare ancora?

Intanto la prevenzione va fatta in modo serio: le pubblicità progresso in cui il personaggio famoso ci ricorda che drogarsi fa male sono completamente inutili, nessuno è così sprovveduto da credere che l’eroina faccia crescere sani e robusti per cui sarebbe meglio invece chiedersi come mai tanti ragazzi scelgano consapevolmente di autodistruggersi. E riguardo ai valori bisognerebbe iniziare a trasmettere quelli giusti. La società odierna è caratterizzata da una corsa ossessiva al successo ed è pervasa da una cultura diffusa in cui la chimica prevale sullo spirito e ogni problema dall’impotenza all’insonnia all’ obesità può essere risolto con la pasticca adatta. Tutto questo è molto funzionale alla droga.

Herman Hesse diceva che “L’arte della vita sta nell’imparare a soffrire e nell’imparare a sorridere”: probabilmente è proprio questo che oggi manca ai giovani. Manca quest’arte che non si apprende a scuola, che non impartiscono i genitori, forse perché nessuno sa come s’insegna. È forse, proprio questa incapacità di saper sorridere e soffrire che rende fragili, e, nel caso dei giovani, questa fragilità emotiva li rende deboli e potenzialmente a rischio rispetto alla droga. In questa società dell’ “incertezza”, dove pensa si possa insegnare o apprendere quest’arte per rendere i giovani immuni dal moderno “male di vivere”?

I giovani di oggi sono sottoposti ad un bombardamento mediatico, ad un esubero di messaggi che li mette a contatto praticamente con ogni aspetto della vita, positivo o negativo che sia, in una fase molto precoce della loro crescita, in un momento in cui non sempre hanno la maturità per elaborare le informazioni in modo giusto. Inoltre difficilmente si vedono negare qualcosa o devono fare fatica per ottenerla. Questo secondo me ha principalmente due conseguenze: da un lato danno tutto per scontato e perdono la gioia incomparabile della conquista e della conoscenza, dall’altro sviluppano personalità fragili che crollano al primo insuccesso. La felicità non si apprende ma è fatta di momenti che ognuno costruisce con il proprio impegno ed imparando ad andare avanti attraverso traguardi infiniti.

Lei ha presentato il libro presso gli istituti di scuola superiore. È nato tutto per caso o è stata una scelta specifica di target la sua? Ritiene che il suo libro possa risultare più interessante per un pubblico giovane?

Nel momento in cui ho iniziato a scriverlo ho pensato ad un pubblico giovane; l’età dei protagonisti è quella adolescenziale ed il problema della droga riguarda soprattutto loro, per cui una prevenzione seria non può che partire dalle scuole. Però poi mi sono reso conto che i riscontri positivi arrivavano pure da persone adulte e questa è stata una piacevole sorpresa. Forse dipende dal fatto che è scritto sotto forma di romanzo ed analizza la vita del protagonista in vari aspetti: non solo il problema della droga ma anche i viaggi, la vita in comitiva, gli innamoramenti e le feste.

Prevenzione, informazione: eppure lei ha parlato in un articolo di legalizzazione. Un pubblico adulto potrebbe cogliere l’apparente contraddittorietà del suo dire, ma avendo presentato il suo libro presso scuole dell’obbligo, come pensa potrebbero cogliere le sue dichiarazioni sull’ipocrisia dell’illegalità nell’uso di droghe leggere se i suoi giovani lettori le leggessero? Non potrebbero cogliere incoerenza e destabilizzarsi rispetto al suo “sostegno” alla legalizzazione?

Dipende da come si vuole leggere il messaggio. Io non credo che essere favorevoli alla legalizzazione significhi essere favorevoli alla droga. Nell’intervista di cui lei parla, io semplicemente sottolineavo che liberalizzare o meno l’uso di sostanze stupefacenti attiene ad un livello completamente diverso da quello che riguarda la persona ed il suo recupero ed è piuttosto una questione economica e moralistica. Nessuno ha mai smesso di drogarsi perché qualcuno lo vieta, per farlo c’è bisogno di motivazioni forti e soprattutto di una personalità strutturata, quindi tanto vale evitare la vergogna dei ghetti tipo la “167” di Secondigliano che servono solo ad umiliare ancora di più la dignità dell’uomo, nonché ad arricchire le mafie. Forse è vero che questo concetto può essere frainteso dai ragazzi in età scolare ma trasmesso nel modo giusto e spiegato bene li educa ad inquadrare il problema nella giusta ottica.

Pasqualina Scalea

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Sempre più verso il soddisfacimento dei bisogni dei nostri lettori che contribuiscono con i loro feedback a rendere Controcampus un progetto sempre più attento alle esigenze di chi ogni giorno e per vari motivi vive il mondo universitario. La Storia Controcampus è un periodico d’informazione universitaria, tra i primi per diffusione. Ha la sua sede principale a Salerno e molte altri sedi presso i principali atenei italiani. Una rivista con la denominazione Controcampus, fondata dal ventitreenne Mario Di Stasi nel 2001, fu pubblicata per la prima volta nel Ottobre 2001 con un numero 0. Il giornale nei primi anni di attività non riuscì a mantenere una costanza di pubblicazione. Nel 2002, raggiunta una minima possibilità economica, venne registrato al Tribunale di Salerno. Nel Settembre del 2004 ne seguì la registrazione ed integrazione della testata www.controcampus.it. Dalle origini al 2004 Controcampus nacque nel Settembre del 2001 quando Mario Di Stasi, allora studente della facoltà di giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Salerno, decise di fondare una rivista che offrisse la possibilità a tutti coloro che vivevano il campus campano di poter raccontare la loro vita universitaria, e ad altrettanta popolazione universitaria di conoscere notizie che li riguardassero. Il primo numero venne diffuso all’interno della sola Università di Salerno, nei corridoi, nelle aule e nei dipartimenti. Per il lancio vennero scelti i tre giorni nei quali si tenevano le elezioni universitarie per il rinnovo degli organi di rappresentanza studentesca. In quei giorni il fermento e la partecipazione alla vita universitaria era enorme, e l’idea fu proprio quella di arrivare ad un numero elevatissimo di persone. Controcampus riuscì a terminare le copie date in stampa nel giro di pochissime ore. Era un mensile. La foliazione era di 6 pagine, in due colori, stampate in 5.000 copie e ristampa di altre 5.000 copie (primo numero). Come sede del giornale fu scelto un luogo strategico, un posto che potesse essere d’aiuto a cercare fonti quanto più attendibili e giovani interessati alla scrittura ed all’ informazione universitaria. La prima redazione aveva sede presso il corridoio della facoltà di giurisprudenza, in un locale adibito in precedenza a magazzino ed allora in disuso. La redazione era quindi raccolta in un unico ambiente ed era composta da un gruppo di ragazzi, di studenti (oltre al direttore) interessati all’idea di avere uno spazio e la possibilità di informare ed essere informati. Le principali figure erano, oltre a Mario Di Stasi: Giovanni Acconciagioco, studente della facoltà di scienze della comunicazione Mario Ferrazzano, studente della facoltà di Lettere e Filosofia Il giornale veniva fatto stampare da una tipografia esterna nei pressi della stessa università di Salerno. Nei giorni successivi alla prima distribuzione, molte furono le persone che si avvicinarono al nuovo progetto universitario, chi per cercarne una copia, chi per poter partecipare attivamente. Stava per nascere un nuovo fenomeno mai conosciuto prima, Controcampus, “il periodico d’informazione universitaria”. “L’università gratis, quello che si può dire e quello che altrimenti non si sarebbe detto”, erano questi i primi slogan con cui si presentava il periodico, quasi a farne intendere e precisare la sua intenzione di università libera e senza privilegi, informazione a 360° senza censure. Il giornale, nei primi numeri, era composto da una copertina che raccoglieva le immagini (foto) più rappresentative del mese, un sommario e, a seguire, Campus Voci, la pagina del direttore. La quarta pagina ospitava l’intervista al corpo docente e o amministrativo (il primo numero aveva l’intervista al rettore uscente G. Donsi e al rettore in carica R. Pasquino). Nelle pagine successive era possibile leggere la cronaca universitaria. A seguire uno spazio dedicato all’arte (poesia e fumettistica). I caratteri erano stampati in corpo 10. Nel Marzo del 2002 avvenne un primo essenziale cambiamento: venne creato un vero e proprio staff di lavoro, il direttore si affianca a nuove figure: un caporedattore (Donatella Masiello) una segreteria di redazione (Enrico Stolfi), redattori fissi (Antonella Pacella, Mario Bove). Il periodico cambia l’impaginato e acquista il suo colore editoriale che lo accompagnerà per tutto il percorso: il blu. Viene creata una nuova testata che vede la dicitura Controcampus per esteso e per riflesso (specchiato), a voler significare che l’informazione che appare è quella che si riflette, quello che, se non fatto sapere da Controcampus, mai si sarebbe saputo (effetto specchiato della testata). La rivista viene stampa in una tipografia diversa dalla precedente, la redazione non aveva una tipografia propria, ma veniva impaginata (un nuovo e più accattivante impaginato) da grafici interni alla redazione. Aumentarono le pagine (24 pagine poi 28 poi 32) e alcune di queste per la prima volta vengono dedicate alla pubblicità. Viene aperta una nuova sede, questa volta di due stanze. Nel Maggio 2002 la tiratura cominciò a salire, fu l’anno in cui Mario Di Stasi ed il suo staff decisero di portare il giornale in edicola ad un prezzo simbolico di € 0,50. Il periodico era cosi diventato la voce ufficiale del campus salernitano, i temi erano sempre più scottanti e di attualità. Numero dopo numero l’obbiettivo era diventato non più e soltanto quello di informare della cronaca universitaria, ma anche quello di rompere tabù. Nel puntuale editoriale del direttore si poteva ascoltare la denuncia, la critica, la voce di migliaia di giovani, in un periodo storico che cominciava a portare allo scoperto i risultati di una cattiva gestione politica e amministrativa del Paese e mostrava i primi segni di una poi calzante crisi economica, sociale ed ideologica, dove i giovani venivano sempre più messi da parte. Disabilità, corruzione, baronato, droga, sessualità: sono questi alcuni dei temi che il periodico affronta. Nel 2003 il comune di Salerno viene colto da un improvviso “terremoto” politico a causa della questione sul registro delle unioni civili, “terremoto” che addirittura provoca le dimissioni dell’assessore Piero Cardalesi, favorevole ad una battaglia di civiltà (cit. corriere). Nello stesso periodo Controcampus manda in stampa, all’insaputa dell’accaduto, un numero con all’interno un’ inchiesta sulla omosessualità intitolata “dirselo senza paura” che vede in copertina due ragazze lesbiche. Il fatto giunge subito all’attenzione del caporedattore G. Boyano del corriere del mezzogiorno. È cosi che Controcampus entra nell’attenzione dei media, prima locali e poi nazionali. Nel 2003 Mario Di Stasi avverte nell’aria segnali di cambiamento sia della società che rispetto al periodico Controcampus. Pensa allora di investire ulteriormente sul progetto, in redazione erano presenti nuove figure: Ernesto Natella, Laura Muro, Emilio C. Bertelli, Antonio Palmieri. Il periodico aumenta le pagine, (44 pagine e poi 60 pagine), è stampato interamente a colori, la testata è disegnata più piccola e posizionata al lato sinistro della prima pagina. La redazione si trasferisce in una nuova sede, presso la palazzina E.di.su del campus di Salerno, questa volta per concessione dell’allora presidente dell’E.di.su, la Professoressa Caterina Miraglia che crede in Controcampus. Nello stesso anno Controcampus per la prima volta entra nel mondo del Web e a farne da padrino è Antonio Palmieri, allora studente della facoltà di Economia, giovane brillante negli studi e nelle sue capacità web. Crea un portale su piattaforma CMS realizzato in asp. È la nascita di www.controcampus.it e l’inizio di un percorso più grande. Controcampus è conosciuto in tutti gli atenei italiani, grazie al rapporto e collaborazione che si instaura con gli uffici stampa di ogni ateneo, grazie alla distribuzione del cartaceo ed alla nuova iniziativa manageriale di aprire sedi - redazioni in tutta Italia. Nel 2004 Mario Di Stasi, Antonio Palmieri, Emilio C. Bertelli e altri redattori del periodico controcampus vengono eletti rappresentanti di facoltà. Questo non permette di sporcare l’indirizzo e linea editoriale di Controcampus, che resta libera da condizionamenti di partito, ma offre la possibilità di poter accedere a finanziamenti provenienti dalla stessa Università degli Studi di Salerno che, insieme alla pubblicità, permettono di aumentare gli investimenti del gruppo editoriale. Ciò nonostante Controcampus rispetto alla concorrenza doveva contare solamente sulle proprie forze. La forza del giornale stava nella fiducia che i lettori avevano ormai riposto nel periodico. I redattori di Controcampus diventarono 15, le redazioni nelle varie università italiane aumentavano. Tutto questo faceva si che il periodico si consolidasse, diventando punto di riferimento informativo non soltanto più dei soli studenti ma anche di docenti, personale e politici, interessati a conoscere l’informazione universitaria. Gli stessi organi dell’istruzione quali Miur e Crui intrecciavano rapporti di collaborazione con il periodico. Dal 2005 al 2009 A partire dal 2005 Controcampus e www.controcampus.it ospitano delle rubriche fisse. Le principali sono: Università, la rubrica dedicata alle notizie istituzionali Uni Nord, Uni Centro e Uni Sud, rubriche dedicate alla cronaca universitaria Cominciano inoltre a prender piede informazioni di taglio più leggero come il gossip che anche nel contesto universitario interessa. La redazione di Controcampus intuisce che il gossip può permettergli di aumentare il numero di lettori e fedeli e nasce cosi da controcampus anche una iniziativa che sarà poi riproposta ogni anno, Elogio alla Bellezza, un concorso di bellezza che vede protagonisti studenti, docenti e personale amministrativo. Dal 2006 al 2009 la rivista si consolida ma la difficoltà di mantenete una tiratura nazionale si fa sentire anche per forza della crisi economia che investe il settore della carta stampata. Dal 2009 ad oggi Nel maggio del 2009 Mario Di Stasi, nel tentativo di voler superare qualsiasi rischio di chiusura del periodico e colto dall’interesse sempre maggiore dell’informazione sul web (web 2.0 ecc), decide di portare l’intero periodico sul web, abbandonando la produzione in stampa. Nasce un nuovo portale: www.controcampus.it su piattaforma francese Spip. Questo se da un lato presenta la forza di poter interessare e raggiungere un vastissimo pubblico (le indicizzazioni lo dimostrano), dall’altro lato presenta subito delle debolezze dovute alla cattiva programmazione dello stesso portale. Nel 2012 www.controcampus.it si rinnova totalmente, Mario Di Stasi porta con se un nuovo staff: Pasqualina Scalea (Caporedattore), Dora Della Sala (Vice Caporedattore), Antonietta Amato (segreteria di Redazione) Antonio Palmieri (Responsabile dell’area Web) Lucia Picardo (Area Marketing), Rosario Santitoro ( Area Commerciale). Ci sono nuovi responsabili di area, ciascuno dei quali è a capo di una redazione nelle diverse sedi dei principali Atenei Italiani: sono nuovi giovani vogliosi di essere protagonisti in un’avventura editoriale. Aumentano e si perfezionano le competenze e le professionalità di ognuno. Questo porta Controcampus ad essere una delle voci più autorevoli nel mondo accademico. Nel 2013 www.controcampus.it si aplia, il portale d'informazione universitario, diventa un network. Una nuova edizione, non più un periodico ma un quotidiano anzi un notiziario in tempo reale. Nasce il Magazine Controcampus, nascono nuovi contenuti: scuola, università, ricerca, formazione e lavoro. Nascono ulteriori piattaforme collegate alla webzine, non solo informazione ma servizi come bacheche, appunti, ricerca lavoro e anche nuovi servizi sociali. Certo le difficoltà sono state sempre in agguato ma hanno generato all’interno della redazione la consapevolezza che esse non sono altro che delle opportunità da cogliere al volo per radicare il progetto Controcampus nel mondo dell’istruzione globale, non più solo università. Controcampus diventa sempre più grande restando come sempre gratuito. Un nuovo portale, un nuovo spazio per chiunque e a prescindere dalla propria apparenza e provenienza. Sempre più verso una gestione imprenditoriale e professionale del progetto editoriale, alla ricerca di un business libero ed indipendente che possa diventare un’opportunità di lavoro per quei giovani che oggi contribuiscono e partecipano all’attività del primo portale di informazione universitaria. Sempre più verso il soddisfacimento dei bisogni dei lettori che contribuiscono con i loro feedback a rendere Controcampus un progetto sempre più attento alle esigenze di chi ogni giorno e per vari motivi vive il mondo universitario. Leggi tutto
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