L’esposizione, curata da Marilina Betrò, professore di Egittologia all’Università di Pisa, ha selezionato, tra i reperti, quanto di più bello e significativo Rosellini riportò in Italia a seguito della Spedizione Franco-Toscana del 1828-1829.
Tale spedizione, partì per l’Egitto con il contributo congiunto di re Carlo X di Francia e il granduca Leopoldo II di Toscana, impresa scientifica internazionale, diretta dal grande egittologo francese Jean-Francois Champollion e dal suo giovane collega italiano, professore di Lingue Orientali all’Universita di Pisa, Francesco Ippolito Baldassarre Rosellini. Rispetto alla prima missione Napoleonica, Rosellini, si avvalse dell’avvenuta interpretazione della scrittura geroglifica per poter indagare in modo specifico e sistematico le antichità del paese.
Tra avventure e difficoltà d’ogni tipo, viaggeranno per sedici mesi, riportando alla luce un tesoro di eloquenti scoperte, tra cui meravigliosi disegni acquerellati copiati dalle scene impresse sulle pareti di tombe e templi, casse di statue, sarcofagi e oggetti rinvenuti nel corso degli scavi intrapresi in quella terra.
È il viaggio questo che è alle origini di tutto quanto oggi sappiamo su quella civiltà. Proprio la mostra che si terrà a Pisa ricalcherà alcune delle sue tappe più importanti.
In un brano di un diario, si narra con tono estasiato, la scoperta di una tomba intatta nella necropoli tebana, affiancata dagli oggetti stessi di quel ritrovamento, ovvero il corredo della nutrice della figlia del faraone Taharqa.
Gli acquerelli dei bassorilievi di Abu Simbel, disegnati al lume delle fiaccole, saranno presentati insieme alle lettere e ai diari che descrivono le condizioni di lavoro in cui furono realizzati, tra le incombenze quotidiane.
Alle scoperte artistiche aggiungiamo anche campioni di piante raccolti dal naturalista della Spedizione, Giuseppe Raddi, oltre alla piccola collezione etnografica raccolta in Nubia da Gaetano Rosellini, ingegnere della Spedizione.
Dopo un’introduzione dedicata alla genesi dell’idea e al tragitto verso l’Egitto, è il nastro del Nilo che accompagna il visitatore nella mostra e nella sua sezione centrale e simbolica.
Una tappa importante, durante il viaggio del ritorno, merita una degna descrizione e commemorazione. Racconta proprio il soggiorno a Tebe – prima nella “principesca” dimora della tomba di Ramses IV, e poi in una vera casa sulle colline della necropoli – in cui si raccolse una messe ricchissima di oggetti, disegni e quaderni manoscritti.
L’ultima parte della mostra è dedicata al merito che Rosellini ha nella diffusione della scienza egittologica: con la morte precoce di Champollion a 42 anni, lo studioso italiano ne restò infatti l’unico erede scientifico, che fu un esempio encomiabile per altri studiosi suoi successori.
Una mostra dal significato apparentemente focalizzato lungo i territori fertili del Nilo, ma che a più dimensioni ci riporta attraverso i millenni della storia e della civiltà dell’antico Egitto che ci ha fatto sognare e tutt’oggi ci affascina.
Mistero, simbolo e colore. Il fascino di questa civiltà vive proprio di questi tre elementi, come forme di linguaggio dell’anima.
Soprattutto il colore, simbolo chiaramente manifestato, colpisce ed ammalia la nostra curiosità.
Un gioco di tradizioni ed arte, che in una mostra di tale portata, riaffiorano come schizzi in un universo di colori.
Teresa Vinci