In realtà l’esser riusciti ad attirare l’attenzione dei media non ha placato gli animi di chi teme per il futuro dell’Università italiana. Abbiamo raggiunto la Prof.ssa Daniela Quarta, ricercatrice di Discipline dello spettacolo e docente di Drammaturgia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, per conoscere un parere autorevole circa le cause delle agitazioni in atto e per capire quali possano essere gli orizzonti della protesta.
Prof.ssa, lei ha aderito alla protesta in atto a Lettere e Filosofia, con lo svolgimento degli esami all’aperto e nelle ore notturne?
Naturalmente; era il minimo che si potesse fare di fronte al serio rischio che molte Università non possano aprire i corsi il prossimo anno accademico. Questo è il problema vero. L’Università con una politica dissennata di tagli, esattamente come la scuola secondaria ed ora anche la primaria e la materna, è stata messa in condizioni di non poter funzionare. Il sistema di informazione non funziona e pochi sanno cosa stia realmente accadendo, quali siano le poste in gioco con la “cosiddetta” riforma Gelmini che è solo tagli e finale smantellamento dell’Università pubblica e statale, di tutta l’istruzione pubblica in favore del nulla, sia ben chiaro, o di strutture degradate e dequalificate. Come sempre il processo di privatizzazione viene condotto con la distruzione dell’esistente anche di poli di eccellenza, per sostituirli con carrozzoni costosi e “politicizzati” nel senso peggiore del termine, che oggi significa semplicemente cricche di malaffare e liquidazione dell’esistente. Basta vedere Alitalia, la Rai,il fallimento dello staff per Milano 2012 ed ora la Telecom, insomma gli esempi sono sotto gli occhi di tutti, ma i media non mettono nel giusto rilievo lo sfascio programmatico, l’incompetenza e la corruzione dilagante, l’arricchirsi di pochi e la rovina dei molti, la distruzione del mondo del lavoro e tutto quello che sta accadendo realmente in questo Paese. La legge “bavaglio” è la fine di quel residuo di minima “controinformazione” che ancora è possibile.
Crede che attraverso queste forme di dissenso sia possibile ottenere la giusta attenzione da parte delle istituzioni? Quali dovrebbero essere, eventualmente, i metodi da utilizzare per ottenere risultati concreti?
No, non credo: non c’è nessuna volontà politica di affrontare davvero una riforma dell’istruzione pubblica in Italia. Insisto nel mettere la situazione dell’Università sullo stesso piano della scuola, dalla materna ai licei, perché è un disegno di distruzione totale, quello che si è tentato di combattere, con scarso successo e scarso appoggio da parte di un’opinione pubblica distratta e manipolata, che è iniziata con una delegittimazione della figura degli insegnanti e dei docenti universitari e che poi ha avuto mano libera nell’affossare e nel disgregare tutto il mondo complesso dell’istruzione pubblica. L’iniziativa, tardiva, visto che avremmo dovuto bloccare l’inizio dell’anno accademico già sette anni fa, invece di continuare a lavorare in una continua emergenza e in condizioni non adeguate, è stata presa per avere una minima visibilità nel momento critico e decisivo in cui il decreto Gelmini è in discussione: se verrà approvato l’Università pubblica è morta e, in particolare, tutto il settore umanistico verrà smantellato, né le strategie di sopravvivenza fin qui adottate, saranno più praticabili. La precarizzazione totale del lavoro docente che la “riforma” prevede attacca direttamente l’autonomia delle Università, che è stata usata anche male in alcuni casi, ma che è la base indispensabile per un’università libera da pressioni politiche del governante di turno, per una ricerca libera da condizionamenti del mercato, insomma le ragioni dell’esistenza stessa dell’istituzione universitaria. Si voleva rendere pubblica e nota la resistenza interna, la disperazione di chi ha lavorato per una università di massa e non elitaria, della difesa di un diritto allo studio per tutti e non solo per chi se lo potesse permettere. Si voleva rendere visibile il dissenso e anche la consapevolezza del disegno criminale e da questo punto di vista è stato un successo, più di tante manifestazioni fatte negli ultimi anni, anche più dell’Onda che era un movimento studentesco appoggiato da alcuni docenti, ma gestito dagli studenti. In questo caso l’iniziativa è stata dei docenti, con gli studenti che hanno aiutato ed aderito alla protesta, disperata, forse inutile, ma almeno si muore dignitosamente e non ci si fa “eliminare” con un sorriso acquiescente sulle labbra come vorrebbero loro, che hanno paura anche del minimo dissenso, vedi il referendum di Pomigliano d’Arco dove si chiede agli operai di tornare ad essere schiavi per poter lavorare e si pretende un 90% di adesioni alla riduzione in schiavitù; disturba anche quel 35% che dice NO. Ecco, il senso della protesta, era questo: siamo destinati ad essere eliminati, ma manifestiamo con dignità il nostro dissenso ad un’opinione pubblica che ormai non reagisce nemmeno a gravissime violazioni della legalità e della costituzione.
Dunque, se dovessero essere approvate la riforma Gelmini e la manovra economica le conseguenze per l’Università rischiano di essere catastrofiche?
Certo: la chiusura, la distruzione di tutto, delle eccellenze e delle distorsioni di sistema, di tutto lo sforzo pure fatto nel corso del tempo di dotare il paese di un’università più aperta a tutti.
Quindi a suo parere si rischia di andare ben al di là della paventata cancellazione di interi insegnamenti?
Si rischia di veder cancellato tutto il sistema universitario così come lo conosciamo ora, per attivare corsi e master che siano funzionali ad un sistema in cui la cultura viene ritenuta inutile se non è asservita ad interessi esterni. La cancellazione di singoli insegnamenti, in questo quadro, mi sembrano, sinceramente, irrilevanti.
Quale rischia di essere il futuro della ricerca in Italia?
Già ora il sistema di ricerca è stato pesantemente distrutto, in tutti i settori, anche in quelli di eccellenza. Si vivacchia e si sa che si verrà eliminati, indipendentemente dal fatto se si funzionava o no. Il disegno generale è la cancellazione totale: non c’è una razionalizzazione, né investimento nella ricerca. Siamo gli ultimi in Europa e siamo regrediti a livelli africani…..Guardate le statistiche, leggete i giornali e vi renderete conto di quale abisso si sia aperto negli ultimi quindici anni!
Come hanno reagito gli studenti alla protesta da voi attuata?
Scongiurato il blocco degli esami che li avrebbe penalizzati, si sono mostrati attenti e partecipi ai problemi che loro stessi vivono ogni giorno da anni nella situazione di emergenza dell’Università. Per quanto mi riguarda sono stati anche informati del rischio che il prossimo anno accademico rischia di non partire e ho illustrato le cause lontane che ci hanno portato alla situazione attuale.
Lettere e Filosofia è l’unica facoltà alla Sapienza ad aver avviato forme di dissenso, peraltro stigmatizzate dal Rettore Frati. Come mai siete stati gli unici a muovervi?
Le Facoltà Umanistiche sono quelle più a rischio di chiusura, sia per il numero degli studenti, sia perché ritenute “inutili” dal decreto Gelmini. Inoltre sono le Facoltà con il maggior numero di ricercatori, sia di ruolo che precari, e il decreto Gelmini penalizza questa figura che da vent’anni tiene in piedi l’Università accettando funzioni e incarichi che non portano né aumenti di stipendio e che penalizzano anche le possibilità di carriera accademica. Data la crisi lunga di tutta la struttura universitaria, le Facoltà Umanistiche la pagano più cara di tutte le altre, in quanto le strategie di sopravvivenza attuate negli ultimi anni vengono stroncate in toto. Le ha lette le dichiarazioni del Magnifico Rettore? Lei come studente si è riconosciuto nelle sue affermazioni? Non credo. E nemmeno noi come docenti, come ricercatori ci siamo riconosciuti minimamente nelle sue affermazioni. La disinformazione e le menzogne sono il metodo già collaudato per procedere ad una distruzione totale e indiscriminata apparentemente accettata in modo plebiscitario. Ciò che disturba il “manovratore” è il dissenso. Ormai è chiaro!
In che modo proseguirà la protesta dei docenti? Dobbiamo aspettarci qualcosa anche a Settembre?
Se il decreto verrà approvato le Facoltà Umanistiche di tutta Italia, non solo la Sapienza, sono a rischio riapertura: è probabile che il prossimo anno accademico non si potrà avviare, se la situazione sarà quella per ora ventilata.
Spero, sinceramente, che quest’ultima levata di scudi tenga duro nel futuro e mostri chiaramente a tutti cosa sia davvero successo. La stessa cosa dovrebbero fare le scuole materne, le elementari, la scuola secondaria: tutto chiuso! Questa è la situazione reale, non le telenovelas che vengono raccontate e seguite con passione da un’opinione pubblica distratta e disinformata!
Arturo Catenacci