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Università degli Studi di Salerno: “mailbombing” contro il ddl Gelmini

2 Agosto 2010
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23/11/2024

Mentre il ddl Gelmini ha appena ottenuto il primo sì dalla Camera del Senato nella serata di giovedì 29 luglio, in attesa di quello definitivo da parte della Camera dei Deputati, che trasformerà un “semplice” disegno di legge in una legge vera e propria, non accenna a placarsi il movimento di protesta contro il già citato ddl che ha interessato e continua tutt’ora a interessare l’intero sistema universitario nazionale.

Tante sono state le modalità di protesta attuate dai singoli atenei italiani. Tra le più svariate ed emblematiche ce ne sono alcune che hanno lasciato il segno. Ricordiamone alcune.

Senz’altro più delicata è la protesta dei ricercatori della quasi totalità delle università italiane: è stato deciso, infatti, che se il ddl dovesse essere approvato, ogni ricercatore rifiuterà incarichi di insegnamento per un numero di ore superiore a quello stabilito per legge. Di conseguenza, per l’anno accademico 2010/2011, molti corsi di laurea rischiano di non prendere il via, non assicurando il regolare svolgimento delle attività didattiche.

E come dimenticare la protesta all’Università “La Sapienza” di Roma? Nell’ateneo laziale, per la sessione estiva di esami, le prove sono state svolte a lume di candela, dalle 21 alle 5 del mattino, per le strade della cittadina universitaria: un modo simbolico per dimostrare che i tagli previsti dalla manovra oscurano la ricerca e la didattica.

Particolare attenzione, però, deve essere posta sull’Università degli Studi di Salerno: è da considerarsi, infatti, uno fra gli atenei più “caldi” in questo periodo di agitazione.

Tante sono state le mobilitazioni contro il ddl Gelmini da parte dell’ateneo salernitano: prima fra tutte il blocco della sessione di esami, seguita da una manifestazione per le strade di Salerno, un happy hour tenutosi in Piazza del Rettorato all’interno del Campus di Fisciano, la proclamazione dei neo-laureati della Facoltà di Chimica in Piazza Portanova a Salerno e quella dei neo-laureati della Facoltà di Ingegneria in orario serale nella Piazza del Rettorato dell’università.

Ma non è tutto. Si sta valutando, infatti, una nuova iniziativa di protesta che parte proprio dall’Università di Salerno: il cosiddetto “mailbombing”.

Docenti e ricercatori, infatti, cercheranno di attirare ulteriore attenzione sul ddl Gelmini, e lo faranno in un modo alquanto inusuale: invieranno numerose e-mail alle caselle di posta dei capigruppo dei partiti di opposizione alla Camera e al Senato, per tentare di smuovere una situazione che, purtroppo, ancora oggi risulta essere troppo immobile.

Ma perché inviare e-mail all’opposizione e non al partito della maggioranza? Semplice: perché, negli anni, è stata l’opposizione ad aver dimostrato di avere realmente a cuore la difesa dell’istruzione e dell’università, ponendo quest’ultima come uno dei punti principali del suo programma politico.

La maggioranza, invece, si è dimostrata e si sta dimostrando non adeguatamente interessata alla salvaguardia di una istituzione troppo importante per le generazioni future, basandosi principalmente su criteri che, se non sbagliati, risultano quantomeno inadeguati.

Le e-mail conterranno un appoggio diretto ai partiti dell’opposizione, a cui si affida la speranza di riportare il Paese ad uno sviluppo non solo culturale e intellettuale, ma anche economico e produttivo. Si richiedono alternative più che valide al ddl Gelmini, che siano in grado di contrastare le manovre previste dal ddl stesso e che impediscano, quindi, il declino del sistema universitario italiano.

In caso di mancato recepimento della mail da parte dei partiti dell’opposizione, docenti e ricercatori potrebbero rivalutare i già citati partiti, non favorendoli con il voto alle prossime elezioni.

Ancora una volta l’Università degli Studi di Salerno dimostra di non voler rimanere passiva al decadimento dell’università italiana, cercando quanto più possibile di far sentire la sua voce in capitolo. E questa volta lo fa con quello che suona come un “ultimatum” alla sinistra italiana.

Servirà realmente a smuovere le acque ancora troppo calme? Staremo a vedere.

Sebastiano Liguori

© Riproduzione Riservata
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