Virginia Woolf l’aveva descritta come una donna che “scriveva senza odio, senza amarezza, senza paura, senza protestare, senza far prediche”: eppure le sue biografie ci dicono che fosse praticamente costretta a scrivere di nascosto dai suoi familiari.
Lo scrittoio nel quale la Austen nascondeva i suoi manoscritti è un po’ il simbolo della sua condizione paradossale: una donna molto intelligente, vissuta in un ambiente culturale stimolante, che però non poteva scegliere il mestiere della scrittrice, perché ad una donna dell’epoca non era concesso.
Quante volte si è ripetuta, nel corso della storia, una situazione del genere? E quante volte, ancora oggi, in maniera forse più subdola, alle donne viene impedito di compiere il proprio percorso, perché ritenute non abbastanza capaci? È una storia vecchia quanto il mondo.
Nonostante i limiti imposti dalla società, dal pensiero corrente, o forse proprio grazie a questi, Jane Austen scrisse i suoi romanzi, in cui descrisse l’unico mondo che lei conosceva, quello della tranquilla provincia inglese a cavallo tra Settecento e Ottocento.
Una realtà banale, noiosa, direbbe qualcuno: niente di più sbagliato, perché quel mondo provinciale è stato letto in maniera del tutto originale. Nascono così personaggi indimenticabili come la pungente Elizabeth Bennet (Orgoglio e pregiudizio), che rifiuta l’ossessione materna per il matrimonio, o Elinor Dashwood (Ragione e sentimento), razionale persino nell’amore, al contrario della sorella Marianne, talmente passionale da perdere quasi il controllo di se stessa.
Ritratti introspettivi, quelli delle protagoniste, perché tutto ciò che di più importante accade all’interno del romanzo austeniano appartiene sempre all’interiorità del personaggio, piuttosto che alla realtà esterna.
Per questo motivo si parla di “realismo” austeniano, indicando con questa espressione tutte le sfumature con le quali l’autrice ha saputo rappresentare il carattere e le riflessioni più intime delle sue eroine, attraverso una sensibilità che ha conquistato moltissime lettrici, ma anche tanti lettori.
E se ci sono personaggi femminili intramontabili, non bisogna dimenticare quelli maschili: a volte si tratta di un burbero, scontroso snob dal cuore tenero, cioè il signor Darcy, probabilmente il personaggio maschile più amato.
Altre volte invece la fantasia dell’autrice si sofferma su delle rappresentazioni impietose del genere maschile, come Willoughby, il falso eroe che si rivela poi un mascalzone, spezzando il cuore della malcapitata di turno.
Jane Austen, però, non è “solo” questo: le sue opere non solo raccontano delle storie, ma danno l’affresco di un’intera società, rappresentata in tutta la sua ipocrisia attraverso la lente d’ingrandimento dell’ironia.
Non a caso, citando nuovamente la Woolf, ricordiamo che la definì “un attizzatoio di cui tutti hanno paura”: dietro l’apparente leggerezza del suo stile, dietro la superficialità dei pettegolezzi, dei balli mondani e dei tè pomeridiani descritti nei suoi libri, si nasconde il sorriso beffardo di chi conosce fin troppo bene quel mondo e vuole colpirlo nei suoi punti deboli.
Niente è come sembra, in Jane Austen: il suo sguardo irriverente smaschera le convenzioni sociali, che identificano l’interesse con l’amore, la nobiltà di sangue con quella delle azioni, e mette in ridicolo la superiorità e l’arroganza di chi si sente superiore agli altri per nascita, rivelando invece la propria meschinità. Ecco spiegata l’attualità e la modernità della sua opera, che ancora oggi risulta essere molto amata in tutto il mondo.
La Austen, purtroppo, non ebbe mai la soddisfazione di vedere il proprio nome accanto ai titoli dei suoi romanzi, perchè fu rivelato solo dopo la sua morte (avvenuta nel 1817) dal fratello Henry, con la pubblicazione postuma di Persuasione e L’abbazia di Northanger.
Nella biografia scritta dal nipote, J. E. Austen-Leigh, è stata ricordata come una signorina “dedita solo incidentalmente alla letteratura”, ma coloro che l’hanno conosciuta attraverso le sue opere sanno che non è stato affatto così. La passione, l’intelligenza e l’indiscutibile talento che traspaiono dalle sue pagine la rendono, invece, una scrittrice e un’artista immortale.
Susanna Arcuri