Carlo Baroni, presidente del (CGI) ma anche docente di Geomorfologia e Geografia Fisica all’Università di Pisa. E purtroppo il futuro dei ghiacciai non sembra dei più rosei. Il ritiro dei ghiacciai non è stato graduale nel corso degli anni,
dopo una fase di arretramento verificatasi negli anni 50’e 60’ del 900’, negli anni 70’ c’è stata una sorta di graduale recupero da parte di essi, ma negli anni 80’ si è vista nuovamente una fase di arretramento, che in dieci anni è riuscita a coinvolgere circa il 90% dei nostri ghiacciai. In base a questi dati con il problema che non è arginato in nessun modo dovremmo aspettarci una situazione ancora peggiore, anzi gravissima entro il 2020, anche perché basta che la temperatura aumenti solo di uno 0,6-1 grado per far si che questo accada, riduzione di estensione e spessore sono già visibili,
e per l’appunto uno dei risultati che allarma maggiormente il comitato, (ma dovrebbe allarmare anche noi dato che ci riguarda in prima persona!) e che i ghiacciai non solo si stanno riducendo, ma si assottigliano e perdono milioni di metri cubi d’acqua. Se si prende come esempio il ghiacciaio della Sforzellina in Provincia di Sondrio, si stima che in 25 anni si sia ritirato di 26 metri, in pratica più di un metro all’anno. Ma quali sono i segnali che possono indurci a capire di che entità è il problema, ma soprattutto l’influenza che potrebbe avere sul territorio se si verificassero i dati del
(CGI)? Per avere risposte concrete bisognerebbe monitorare costantemente i ghiacciai con strumenti che tutt’ora non esistono, essendo un sistema estremamente complesso dove ancora non si possiedono le conoscenze necessarie, come per dire si è fatto il danno, ma non si ha la minima idea di come risolverlo, quello che sappiamo con certezza è che i ghiacciai fungono da “sentinelle ambientali” di conseguenza sono molto sensibili alle variazioni climatiche, per questo avendo sollecitazioni esterne mutano forma e dimensioni, i più sensibili sono certamente quelli Alpini. La
riduzione dei ghiacciai avrebbe notevoli effetti anche dal punto di vista economico sociale, questo perché gli ammassi di ghiaccio presenti sulle nostre montagne influirebbero sui livelli di laghi e fiumi che rappresentano un’essenziale risorsa d’acqua dolce per campagne e città. Ma nonostante questo ad oggi non esiste un censimento nazionale dei ghiacciai, si conta comunque che sull’arco Alpino siano 1397, ed in totale i ghiacciai italiani coprano un’area di 608 chilometri quadrati, inoltre il limite delle nevi si è innalzato di oltre 100 metri e questo fa sì che molti ghiacciai resistano
per inerzia, ma la fine di quelli che si trovano in queste condizioni è ormai segnata. Occorrerebbe quindi approntare un metodo di monitoraggio più produttivo, non soltanto affidarsi agli appassionati ed ai volontari che fanno quel che possono, ma non hanno la facoltà di ottemperare al problema, servirebbero fotografie da terra e dall’alto ad esempio, immagini dai satelliti che siano aggiornate e aggiornabili, ma soprattutto che siano consultabili da operatori assunti per svolgere questo compito… solo così si potrà evitare la distruzione di uno degli ecosistemi più belli del mondo.
Pierluigi Gabriele