Realizzata attraverso lo studio “La migrazione universitaria dei diplomati della nostra regione: ruolo e responsabilità degli atenei calabresi” che è stato presentato ieri nell’ambito del Welcome Day della facoltà di Farmacia Scienze della Nutrizione e della Salute.
Dopo i saluti del rettore Giovanni Latorre, del preside della Facoltà di Farmacia e Scienze della Nutrizione e della Salute, Sebastiano Andò, è stato Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli – che ha redatto il report commissionato dalla Regione Calabria – a snocciolare i dati scientifici contenuti nello studio. L’incontro è stato concluso dall’assessore regionale alla Cultura, Mario Caligiuri.
Secondo la “mappatura” messa a disposizione dal Ministero per l’Università, la Calabria soffre di una perdita netta di studenti piuttosto cospicua: su100 immatricolati calabresi, poco più di 60 si iscrivono negli atenei della regione mentre gli altri decidono di iscriversi altrove; all’opposto, solo 4 immatricolati su 100 negli atenei calabresi arrivano da altre regioni. Il fenomeno è particolarmente grave ove si pensi che molti studenti calabresi, una volta laureati, resteranno a lavorare fuori dalla Calabria, attratti dalle più numerose e qualificate opportunità occupazionali .
Le differenze provinciali in merito alle scelte dei diplomati sono rilevanti: mentre 75 studenti su 100 di Cosenza e di Catanzaro restano a studiare in Calabria, fanno altrettanto solo 62 studenti su 100 nel caso di Crotone e di Vibo Valentia; il fenomeno è in buona parte attribuibile alla diversa presenza dell’offerta formativa universitaria nelle città considerate. Peculiare la situazione di Reggio Calabria: qui il 50% degli studenti si iscrive in atenei di altre regioni, ma quasi tutti (82%) scelgono Messina, considerato dai reggini alla stregua di un ateneo locale.
Le principali destinazioni degli studenti calabresi sono, dopo Messina che raccoglie il 31% dei diplomati “emigranti”: gli atenei romani (insieme raccolgono quasi il 20% degli studenti calabresi emigranti), Bologna (7%), 6 Pisa, Perugia e Firenze, con quote comprese fra il 4% e il 5%. Le percentuali maggiori di studenti emigranti si rilevano nell’ambito medico (80%) e in quello delle professioni sanitarie (50%): in questi casi, la presenza del numero chiuso costringe gli studenti a cercare opportunità di ingresso anche in atenei lontani dalla propria residenza; seguono l’ambito umanistico e quello delle scienze motorie. Di converso, una maggiore permanenza in Calabria si registra fra gli iscritti a economia e a ingegneria-architettura, soprattutto grazie all’ampia offerta locale.
Anche il mancato bilanciamento del flusso di studenti in uscita trova conferma nell’analisi: su 100 immatricolati negli atenei calabresi solo 3 arrivano da altre regioni (soprattutto dalla Sicilia e dalla Basilicata). Lo studio della Fondazione Agnelli evidenzia pure che sono le ragazze ad avere minori probabilità dei ragazzi di emigrare e che emigrano maggiormente gli studenti che vivono in province dove non c’è l’università. Esiste poi una discriminante socio-culturale visto che ad emigrare sono maggiormente gli studenti in possesso della maturità scientifica e classica.
Sorprendentemente il voto di maturità non incide sulla probabilità di emigrare per motivi di studio: il dato si spiega analizzando le votazioni attribuite ai diplomati calabresi, mediamente più elevate che nel resto d’Italia e pertanto incapaci di discriminare fra studenti più o meno bravi. Una volta presa la decisione di recarsi a studiare fuori regione, i fattori che attraggono li studenti calabresi sono il costo della migrazione la qualità degli atenei di destinazione, la disponibilità di posti letto, una buona offerta culturale e di intrattenimento. Infine, un ruolo cruciale è svolto dalle comunità di riferimento e dalle migrazioni passate e contestuali.
Gli studenti calabresi di oggi tendono a scegliere i territori che hanno attratto i loro parenti anni fa. Ma l’elemento veramente dirompente è quello della dinamica di gruppo: la probabilità di scegliere lo stesso ateneo scelto dai propri compagni di scuola cresce del 20% per ogni ex-compagno in più in quella sede universitaria.
Alla luce delle evidenze ottenute tramite la ricerca, il rapporto fa cinque proposte per invertire il trend e trattenere gli studenti calabresi: accrescere il prestigio dell’offerta universitaria. Caratterizzare gli atenei calabresi sotto il profilo scientifico. Sfruttare il fattore campus per differenziare l’offerta universitaria calabrese da quella degli altri territori. Soddisfare le legittime e positive aspirazioni di mobilità degli studenti calabresi. Sfruttare l’effetto gruppo tra i compagni di scuola per accrescere il numero di iscritti negli atenei locali.
In ogni caso, solo uno scatto evidente dal punto di vista economico – conclude lo studio- del territorio regionale ridurrebbe fortemente l’emigrazione universitaria, allineandola a quella delle regioni settentrionali. Ma questo non attiene, se non in minima parte, alle competenze delle istituzioni universitarie calabresi.