00 (repliche, dal giovedì alla domenica, fino al 18) il debutto di Serafino Gubbio Operatore, liberamente tratto da “I quaderni di Serafino Gubbio operatore” di Luigi Pirandello e presentato da Teatro In Fabula.
A dar vita, in scena, all’allestimento saranno Raffaele Ausiello, Giuseppe Cerrone, Stefano Ferraro, Valeria Frallicciardi, Pietro Juliano, Sara Missaglia, Antonio Piccolo, nell’adattamento e la regia di Aniello Mallardo.
La seconda rivoluzione industriale avviene in Occidente tra il 1895 e il 1913, affermando uno sviluppo tecnologico senza precedenti. Anche l’Italia entra in una fase di decollo industriale particolarmente intensa tra il 1896 e il 1908, favorendo la nascita, anche nel nostro paese, di una moderna società di massa.
Nel 1909 fu pubblicato “il Manifesto del Futurismo”, in cui si ripudiava il ruolo umanistico degli intellettuali e si invitavano gli artisti ad esaltare la macchina ed il progresso industriale. Contrariamente a questa corrente, Pirandello, ne “I quaderni di Serafino Gubbio operatore” ma anche in altri romanzi, si scaglia contro la vertiginosa ed eccessiva modernizzazione.
Il testo, uscito a puntate nel 1915 sulla “Nuova Antologia” e in volume l’anno seguente con il titolo Si gira…, fu, poi, rielaborato e pubblicato nel 1925 con il titolo “Quaderni di Serafino Gubbio operatore”.
La vicenda presenta le tinte melodrammatiche e vistose delle sceneggiature cinematografiche allora di moda. Serafino giunto a Roma in cerca di lavoro diventa, suo malgrado, un operatore cinematografico, grazie ad un incontro fortuito con un suo vecchio amico, attuale direttore artistico della nota casa cinematografica “Kosmograph”.
Così si ritrova involontariamente a essere spettatore di un intrigata vicenda d’amore, di gelosia, di suicidi e di omicidi. In realtà, però, è poco più di un pretesto per il bilancio della vita del protagonista e per un’analisi impietosa della civiltà delle macchine.
Da un lato, il bilancio esistenziale si conclude con la caduta di qualsiasi illusione, anche quella rappresentata dal timido e inconfessato amore del protagonista per Luisetta, e con la riduzione del protagonista a una totale impassibilità ed estraneità, resa allegoricamente dal suo mutismo; dall’altro, lo studio della modernità induce a un rifiuto drastico dei miti della macchina e del progresso, in implicita polemica con il Futurismo.
La messa in scena si avvale delle scene e i costumi di Anna Verde, Antonio Genovese, Francesco B. Sorrentino, le musiche e i suoni di Luca Iavarone, i video di Fabiana Fazio, il disegno luci di Renato Zagari
V.G.