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Il DAMS dell’Uniud fa’ rinascere film a Parigi

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30/12/2024

Nuova affermazione in ambito internazionale per i laboratori del Dams Cinema dell'Uniud a Gorizia.

Il laboratorio di restauro cinematografico La Camera Ottica del polo goriziano, infatti, è stato tra i protagonisti di un’importante retrospettiva che si è svolta a Parigi al Centre Pompidou, dedicata all’artista italo-statunitense Aldo Tambellini.

L’esposizione “Back to black”, curata da Pia Bolognesi, curatrice indipendente e ricercatrice dell’Università di Pisa e da Giulio Bursi, docente di Ricerca su fonti e archivi cinematografici all’Ateneo friulano e ricercatore presso lo Iulm di Milano, rientra in un più ampio progetto di recupero delle opere filmiche e multimediali del filmmaker sperimentale italoamericano. In particolare, uno dei sei programmi di proiezioni nei quali era articolata la rassegna è stato realizzato interamente con materiali restaurati da La Camera Ottica: film inediti di Tambellini degli anni ’60 che gli organizzatori hanno scoperto nell’archivio dell’artista e portato a Gorizia per il restauro.

Tra i numerosi partner coinvolti nella retrospettiva figurano, oltre al laboratorio goriziano, Harvard Film Archive di Cambridge, Von Archives di Parigi e Light Cone/Scratch, associazione francese non-profit che si occupa di promuovere, distribuire e preservare il cinema sperimentale.

Come spiegano Simone Venturini e Gianandrea Sasso del laboratorio La Camera Ottica «il caso del fondo Tambellini è decisamente particolare perché l’artista è intervenuto su molte opere direttamente sul supporto, mediante colori a china o bruciature. La lavorazione per il recupero si è svolta nell’arco di un anno ed è stata particolarmente delicata». Tre le fasi in cui si è articolato il lavoro: recupero fisico delle pellicole, digitalizzazione, elaborazione del segnale per la fruizione in sala o televisione. «Anche se i materiali sono stati esposti – sottolinea Sasso – l’intervento conservativo non si può considerare concluso, almeno fino a che non si saranno prodotte delle copie durevoli, ovvero la ristampa su pellicola».

«La rassegna del Centre Pompidou – spiegano i responsabili scientifici del progetto Pia Bolognesi e Giulio Bursiha mostrato per la prima volta in Europa i lavori inediti di Tambellini in un’esposizione basata su un percorso critico che nasce dall’influenza dell’espressionismo astratto applicato ai film dipinti e approda alle grandi installazioni performative degli anni Settanta. Grazie al lavoro di restauro digitale svolto da La Camera Ottica, unico centro italiano ad occuparsi seriamente ed in maniera indipendente di formati desueti e ridotti, è stato possibile presentare per la prima volta al pubblico una decina di film recentemente scoperti che, pur essendo montati, non sono mai stati sonorizzati e distribuiti».

La prima fase ha previsto il recupero fisico delle pellicole, con revisione delle giunte, ricostruzione delle perforazioni rotte e pulizia, ed è stata interamente eseguita dagli studenti della laurea magistrale in Discipline della musica dello spettacolo e del cinema/Film and audiovisual studies, sotto la supervisione di Simone Venturini e Giulio Bursi. Dell’equipe hanno fatto parte Petra Marlazzi, Claudio Santancini, Antonio Crosa, Annarita Cavaliere. «Vista la delicatezza del supporto – spiega Gianandrea Sasso – la fase successiva della scansione è stata eseguita a 2k, formato standard di lavorazione per il cinema digitale, con un sistema interamente realizzato all’interno dei laboratori di cinema che ha permesso di trattare le pellicole alla velocità di 1 fotogramma al secondo, garantendone l’integrità». Infine, tramite il sistema di Color Correction digitale sono state esportate le versioni digitali sugli standard richiesti dal Centre Pompidou.

Nato a Syracuse (New York) nel 1930, Aldo Tambellini è filmmaker sperimentale, videoartista e poeta, esponente di spicco della scena artistica underground statunitense a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, riconosciuto come uno dei pionieri dell’intermedialità e del video d’artista. Nel corso degli anni sessanta realizza le sue prime performance multimediali, le “Electromedia Perfomances”, dove pittura, film, video, poesia, luci, danza, suoni e musica dal vivo si fondono in un ambiente totale. A partire dal 1965 inizia a realizzare serie di “Black Film Series” dipingendo direttamente sui fotogrammi. I suoi interventi sulla pellicola cinematografica (con agenti chimici, inchiostro, graffiature) formano un universo visuale astratto ed aggressivo centrato sul nero, nella sua qualità di non-colore capace di esprimere totalità cosmica, in cui l’astrazione turbolenta si alterna spesso all’utilizzo del found footage: film commerciali, telegiornali e programmi televisivi. Negli anni più recenti si è dedicato principalmente all’attività poetica componendo testi centrati su temi sociali.

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