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Il Gay Pride va fermato per il terremoto?

R. C.
26/12/2024

Per molti l'aspetto carnevalesco del Gay Pride risulterebbe inopportuno, se manifestato in una terra  martoriata dalle scosse.

Diciassette morti, 15000 sfollati, più di 350 feriti. Sono le stime fornite dalla Protezione Civile in seguito all’ultimo forte terremoto che ha colpito la pianura Padana. Il clima di terrore e morte dilaga in Emilia e dai social network emerge la volontà di annullare il Gay Pride Nazionale del 9 Giugno, che dovrebbe tenersi proprio nel cuore della regione tormentata dai sismi, a Bologna.

Secondo molti italiani è possibile manifestare solidarietà e rispetto al popolo Emiliano solo attraverso l’austerità, il silenzio e il rigore in tutte le sue forme. In virtù di tale convinzione erano state proposte su Facebook, nei giorni scorsi, la cancellazione del Convegno Internazionale sulla famiglia, organizzato a Milano, e quella della parata militare del 2 Giugno. In ultimo, ieri, è giunta la richiesta di soppressione del Pride.

Penso che sarebbe un’ottima idea se la comunità LGBT italiana, invece di sfilare, andasse sui luoghi del terremoto a dare una mano“, ha scritto ieri su Twitter Ivan Scalfarotto, ed è sufficiente una veloce occhiata ai nuovi gruppi nati su facebook per capire quanto condivisa sia la sua opinione.

Il messaggio è chiaro: gli omosessuali dovrebbero rinunciare al brio, ai colori e all’esuberanza impliciti al Pride e dimostrare (almeno una volta?) di essere parte integrante di quella comunità che intende partecipare al dolore dell’Emilia, condividerne l’umore e ristabilirne l’equilibrio. Non farlo sarebbe offensivo, fuori luogo e confermerebbe la millenaria percezione che il popolo LGBT costituisca un popolo a sé stante, un microcosmo di diversa natura che non rispetta né rispecchia l’atteggiamento e la cultura del macrocosmo dell’Italia intera  in cui esso è contenuto .

La posizione è certamente ideologica, per quanto lo si possa negare. E del resto il Gay Pride è sempre stato guardato con sospetto e diffidenza dagli italiani comuni, che lo considerano un insulto al pudore e al decoro collettivi, un festival grottesco della sessualità deviata, ostentata volgarmente e irrispettosamente  in barba alla morale e ai mos maiorum del popolo tutto. L’espressione più ricorrente per definirlo è infatti Carnevale (:Carnevalata .

E Carnevale effettivamente sarebbe la definizione più corretta – se non le venisse attribuita accezione negativa – perché il Gay pride ne sfrutta le medesime forme espressive e i medesimi motivi simbolici in uguale funzione ideologica e rituale.

Michail Bachtin, un importante critico russo, pubblicò nel 1965 un saggio dal titolo “L’opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale”, nel quale illustrò magistralmente l’importanza del Carnevale come momento ritualizzato di espressione delle forze antagonistiche, vitali e alternative al sistema ufficiale e dominante di vita e di pensiero: «Nei contatti e nelle combinazioni carnevalesche entra tutto ciò che la concezione del mondo gerarchica extracarnevalesca teneva isolato, separato, diviso. Il carnevale avvicina,unisce, collega e combina sacro e profano, sublime e infimo, grandioso e meschino, saggio e stolto, e così via […] Il carnevale, in opposizione alla festa ufficiale, era il trionfo di una sorta di liberazione temporanea dalla verità dominante e dal regime esistente, l’abolizione provvisoria di tutti i rapporti gerarchici, dei privilegi, delle regole e dei tabù. Era l’autentica festa del tempo, del divenire, degli avvicendamenti e del rinnovamento. Si oppone ad ogni perpetuazione, ad ogni carattere definitivo e ad ogni fine. Volgeva il suo sguardo all’avvenire incompiuto».

E’ evidente che il Gay pride – esattamente come il Carnevale – rovescia i valori e le autorità, si fa parodia della convenzione, celebra l’uguaglianza e l’ineguaglianza nello stesso momento, abolisce le leggi sociali, i divieti e le limitazioni che vigono nella realtà e al contempo profana il sacro e lo riduce a connotati terreni mescolando l’osceno al parodico (il famoso burlesque).

Tutto ciò che per millenni è stato represso, soppresso, nascosto, emarginato, sminuito, mortificato, deriso, mistificato, condannato e disconosciuto emerge nel Carnevale tanto quanto nel Gay Pride, che in modi diversi eppure identici rendono possibile l’impossibile: il povero può essere ricco, grasso, Re; l’omosessuale può essere felice, mostrarsi liberamente e legittimamente, affermare il proprio amore senza che questi venga svilito dalle istituzioni e dagli organi di potere.

Va da sé che il modus del Gay pride non sia riconducibile alla vuota e scandalosa trasgressione che spesso gli si rimprovera, e piuttosto rappresenti l’espressione di un desiderio di visibilità omosessuale che le politiche, le morali e le religioni ostacolano negando alle coppie omosessuali di esistere, se è vero che qualcosa, per poter essere, deve essere riconosciuto.

Una volta chiarite le motivazioni dello svolgimento “colorato” del Pride, spesso criticato dalla massa e dai media, rimane sospeso il dubbio: è davvero utile, necessario o auspicabile annullare il Gay Pride in virtù dei morti e della catastrofe che si è abbattuta sull’Emilia?

Ne abbiamo parlato con Federica, lavoratrice e attivista lesbica che sostiene il Gay Pride e si oppone alla richiesta d’annullamento che è stata formulata da tantissimi sul web.

Come interpreti la richiesta d’annullamento dell’evento a causa dei morti del terremoto? La ritieni opportuna? 

Inizialmente ho pensato che la proposta di annullare l’evento fosse una scusa per togliere di mezzo qualcosa che risulta scomodo ai più, poi ho capito che la verità era di gran lunga peggiore:  i benpensanti italiani strumentalizzano le tragedie di questa portata per praticare quel buonismo e quell’attaccamento al pudore e alla morale che nella vita di tutti i giorni tradiscono. Paradossalmente per offrire solidarietà e rispetto a persone morte la tolgono a quelle vive che non l’hanno mai ricevuta, cioè agli omosessuali. Non ha alcun senso! Arrestare una manifestazione volta all’ottenimento di diritti fondamentali non significa riconoscere dignità alla morte né difenderne l’importanza, significa praticare la morte e disconoscere la dignità di alcuni cittadini italiani, piuttosto!

Perché il Gay Pride è così importante, per te?

Perché è l’unica possibilità di trovare spazio e voce all’interno di un paese che non vuole concedercene. Io e molti altri ci andiamo per dire che ci siamo, che siamo vivi anche se le istituzioni si comportano come se non esistessimo, come se fossimo morti. Ci mettiamo il cuore nella volontà di ottenere quei diritti che ci spettano in quanto cittadini italiani, contribuenti, lavoratori, frammenti di Stato. E soprattutto ci mettiamo la faccia, cioè la nostra identità, per far sapere che prima e al di là di essere omosessuali siamo le persone che incontrate ogni giorno per strada, per far sapere che potremmo essere il vostro medico curante, il vostro infermiere gentile, la vostra professoressa o la signora che lava le scale del vostro palazzo. Siamo persone come tutte le altre, che partecipano economicamente, socialmente, civilmente allo sviluppo del Paese e nonostante ciò godono di minori diritti. Questo è importante: dirlo, urlarlo con vitalità ed energia per scoppiare la bolla di silenzio in cui si compie quest’enorme ingiustizia.

Condividi le modalità di svolgimento del Pride anche in questo contesto o pensi debbano essere ridimensionate, adeguate al clima che si respira in Emilia a causa dei sismi?

Io credo che nelle persone – perfino in quelle omosessuali! (ironia portami via) – ci sia del buonsenso, quindi sono certa che i partecipanti alla manifestazione saprebbero riconoscere e tenere il comportamento migliore evitando gli atteggiamenti che potrebbero ferire o offendere gli emiliani. E’ chiaro che potrebbero esserci eccezioni – come ci sono sempre – con piume di struzzo fucsia al collo, ma sarebbero eccezioni, per l’appunto, certo non la regola. E a tal proposito ti confesso che a spaventarmi –  piume di struzzo a parte – è  l’eventualità che quell’eccezione, prevedibile e prevista, venga rappresentata dai media come unica realtà presente al pride, quindi che l’informazione venga falsata e nelle case degli italiani entri un’immagine omosessuale del tutto diversa da quella effettiva. Non mi stupirei se accadesse, è già successo, ma mi ferirebbe e amareggerebbe come ogni volta.

Quale sarebbe la tua reazione, se annullassero la manifestazione?

Se davvero lo annullassero, cosa che non penso accadrà, la mia reazione sarebbe di delusione e indignazione per il Governo e per i cittadini italiani.  La sacrosanta e legittima rivendicazione di diritti formulata dagli omosessuali non può, non sa né deve collidere con il rispetto per l’accaduto. Celebrare il diritto alla vita, alla vita vera nel pieno dei diritti individuali che ancora non possediamo, se possibile attribuisce più valore alla morte di quanto ne possa accordare la rinuncia al Pride. Il Pride è una cosa seria, pur non sembrandolo apparentemente per via della superficialità con cui lo si guarda. Permetterlo significa difendere la legittimità della nostra omosessualità, difendere le nostre vite che sono in corso e vengono limitate e inibite nella loro più piena espressione, non offendere la vita che si è persa! In più il denaro per il Pride è già stato speso, è un evento che si organizza da mesi, quindi sarebbe uno spreco annullarlo.

Cosa vorresti trovare al Pride? E cosa diresti a coloro che vogliono cancellare l’evento?

Vorrei che gli italiani dimostrassero sensibilità, onestà intellettuale, riflessione, partecipazione e solidarietà vere. Vorrei che si ragionasse sul Gay Pride e sulla tragedia che ha sconvolto il Paese senza scadere nella speculazione teoretico- ideologica, che si smettesse di fare tanto rumore per nulla e lo si iniziasse a fare per qualcosa di concreto e trasparente, di puro. Mi piacerebbe trovarci tutti, quel giorno, coesi e consapevoli dell’importanza e della giustezza della nostra posizione. Sarebbe bello se tutti condividessimo l’idea che agli omosessuali spettino gli onori e non solo gli oneri di essere cittadini di questo paese.

A chi vuole cancellare il Gay Pride direi che l’unico vero modo per rispettare la morte è rispettare la vita in tutta la sua magnificenza. Anche quella degli omosessuali.

E noi speriamo che ti sentano e i tuoi desideri si realizzino, di cuore. Grazie, Federica.

Per informazioni sul Pride bolognese: http://www.bolognapride.it/

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Dalle origini al 2004 Controcampus nacque nel Settembre del 2001 quando Mario Di Stasi, allora studente della facoltà di giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Salerno, decise di fondare una rivista che offrisse la possibilità a tutti coloro che vivevano il campus campano di poter raccontare la loro vita universitaria, e ad altrettanta popolazione universitaria di conoscere notizie che li riguardassero. Il primo numero venne diffuso all’interno della sola Università di Salerno, nei corridoi, nelle aule e nei dipartimenti. Per il lancio vennero scelti i tre giorni nei quali si tenevano le elezioni universitarie per il rinnovo degli organi di rappresentanza studentesca. In quei giorni il fermento e la partecipazione alla vita universitaria era enorme, e l’idea fu proprio quella di arrivare ad un numero elevatissimo di persone. Controcampus riuscì a terminare le copie date in stampa nel giro di pochissime ore. Era un mensile. La foliazione era di 6 pagine, in due colori, stampate in 5.000 copie e ristampa di altre 5.000 copie (primo numero). Come sede del giornale fu scelto un luogo strategico, un posto che potesse essere d’aiuto a cercare fonti quanto più attendibili e giovani interessati alla scrittura ed all’ informazione universitaria. La prima redazione aveva sede presso il corridoio della facoltà di giurisprudenza, in un locale adibito in precedenza a magazzino ed allora in disuso. La redazione era quindi raccolta in un unico ambiente ed era composta da un gruppo di ragazzi, di studenti (oltre al direttore) interessati all’idea di avere uno spazio e la possibilità di informare ed essere informati. Le principali figure erano, oltre a Mario Di Stasi: Giovanni Acconciagioco, studente della facoltà di scienze della comunicazione Mario Ferrazzano, studente della facoltà di Lettere e Filosofia Il giornale veniva fatto stampare da una tipografia esterna nei pressi della stessa università di Salerno. Nei giorni successivi alla prima distribuzione, molte furono le persone che si avvicinarono al nuovo progetto universitario, chi per cercarne una copia, chi per poter partecipare attivamente. Stava per nascere un nuovo fenomeno mai conosciuto prima, Controcampus, “il periodico d’informazione universitaria”. “L’università gratis, quello che si può dire e quello che altrimenti non si sarebbe detto”, erano questi i primi slogan con cui si presentava il periodico, quasi a farne intendere e precisare la sua intenzione di università libera e senza privilegi, informazione a 360° senza censure. Il giornale, nei primi numeri, era composto da una copertina che raccoglieva le immagini (foto) più rappresentative del mese, un sommario e, a seguire, Campus Voci, la pagina del direttore. La quarta pagina ospitava l’intervista al corpo docente e o amministrativo (il primo numero aveva l’intervista al rettore uscente G. Donsi e al rettore in carica R. Pasquino). Nelle pagine successive era possibile leggere la cronaca universitaria. A seguire uno spazio dedicato all’arte (poesia e fumettistica). I caratteri erano stampati in corpo 10. Nel Marzo del 2002 avvenne un primo essenziale cambiamento: venne creato un vero e proprio staff di lavoro, il direttore si affianca a nuove figure: un caporedattore (Donatella Masiello) una segreteria di redazione (Enrico Stolfi), redattori fissi (Antonella Pacella, Mario Bove). Il periodico cambia l’impaginato e acquista il suo colore editoriale che lo accompagnerà per tutto il percorso: il blu. Viene creata una nuova testata che vede la dicitura Controcampus per esteso e per riflesso (specchiato), a voler significare che l’informazione che appare è quella che si riflette, quello che, se non fatto sapere da Controcampus, mai si sarebbe saputo (effetto specchiato della testata). La rivista viene stampa in una tipografia diversa dalla precedente, la redazione non aveva una tipografia propria, ma veniva impaginata (un nuovo e più accattivante impaginato) da grafici interni alla redazione. Aumentarono le pagine (24 pagine poi 28 poi 32) e alcune di queste per la prima volta vengono dedicate alla pubblicità. Viene aperta una nuova sede, questa volta di due stanze. Nel Maggio 2002 la tiratura cominciò a salire, fu l’anno in cui Mario Di Stasi ed il suo staff decisero di portare il giornale in edicola ad un prezzo simbolico di € 0,50. Il periodico era cosi diventato la voce ufficiale del campus salernitano, i temi erano sempre più scottanti e di attualità. Numero dopo numero l’obbiettivo era diventato non più e soltanto quello di informare della cronaca universitaria, ma anche quello di rompere tabù. Nel puntuale editoriale del direttore si poteva ascoltare la denuncia, la critica, la voce di migliaia di giovani, in un periodo storico che cominciava a portare allo scoperto i risultati di una cattiva gestione politica e amministrativa del Paese e mostrava i primi segni di una poi calzante crisi economica, sociale ed ideologica, dove i giovani venivano sempre più messi da parte. Disabilità, corruzione, baronato, droga, sessualità: sono questi alcuni dei temi che il periodico affronta. Nel 2003 il comune di Salerno viene colto da un improvviso “terremoto” politico a causa della questione sul registro delle unioni civili, “terremoto” che addirittura provoca le dimissioni dell’assessore Piero Cardalesi, favorevole ad una battaglia di civiltà (cit. corriere). Nello stesso periodo Controcampus manda in stampa, all’insaputa dell’accaduto, un numero con all’interno un’ inchiesta sulla omosessualità intitolata “dirselo senza paura” che vede in copertina due ragazze lesbiche. Il fatto giunge subito all’attenzione del caporedattore G. Boyano del corriere del mezzogiorno. È cosi che Controcampus entra nell’attenzione dei media, prima locali e poi nazionali. Nel 2003 Mario Di Stasi avverte nell’aria segnali di cambiamento sia della società che rispetto al periodico Controcampus. Pensa allora di investire ulteriormente sul progetto, in redazione erano presenti nuove figure: Ernesto Natella, Laura Muro, Emilio C. Bertelli, Antonio Palmieri. Il periodico aumenta le pagine, (44 pagine e poi 60 pagine), è stampato interamente a colori, la testata è disegnata più piccola e posizionata al lato sinistro della prima pagina. La redazione si trasferisce in una nuova sede, presso la palazzina E.di.su del campus di Salerno, questa volta per concessione dell’allora presidente dell’E.di.su, la Professoressa Caterina Miraglia che crede in Controcampus. Nello stesso anno Controcampus per la prima volta entra nel mondo del Web e a farne da padrino è Antonio Palmieri, allora studente della facoltà di Economia, giovane brillante negli studi e nelle sue capacità web. Crea un portale su piattaforma CMS realizzato in asp. È la nascita di www.controcampus.it e l’inizio di un percorso più grande. Controcampus è conosciuto in tutti gli atenei italiani, grazie al rapporto e collaborazione che si instaura con gli uffici stampa di ogni ateneo, grazie alla distribuzione del cartaceo ed alla nuova iniziativa manageriale di aprire sedi - redazioni in tutta Italia. Nel 2004 Mario Di Stasi, Antonio Palmieri, Emilio C. Bertelli e altri redattori del periodico controcampus vengono eletti rappresentanti di facoltà. Questo non permette di sporcare l’indirizzo e linea editoriale di Controcampus, che resta libera da condizionamenti di partito, ma offre la possibilità di poter accedere a finanziamenti provenienti dalla stessa Università degli Studi di Salerno che, insieme alla pubblicità, permettono di aumentare gli investimenti del gruppo editoriale. Ciò nonostante Controcampus rispetto alla concorrenza doveva contare solamente sulle proprie forze. La forza del giornale stava nella fiducia che i lettori avevano ormai riposto nel periodico. I redattori di Controcampus diventarono 15, le redazioni nelle varie università italiane aumentavano. Tutto questo faceva si che il periodico si consolidasse, diventando punto di riferimento informativo non soltanto più dei soli studenti ma anche di docenti, personale e politici, interessati a conoscere l’informazione universitaria. Gli stessi organi dell’istruzione quali Miur e Crui intrecciavano rapporti di collaborazione con il periodico. Dal 2005 al 2009 A partire dal 2005 Controcampus e www.controcampus.it ospitano delle rubriche fisse. Le principali sono: Università, la rubrica dedicata alle notizie istituzionali Uni Nord, Uni Centro e Uni Sud, rubriche dedicate alla cronaca universitaria Cominciano inoltre a prender piede informazioni di taglio più leggero come il gossip che anche nel contesto universitario interessa. La redazione di Controcampus intuisce che il gossip può permettergli di aumentare il numero di lettori e fedeli e nasce cosi da controcampus anche una iniziativa che sarà poi riproposta ogni anno, Elogio alla Bellezza, un concorso di bellezza che vede protagonisti studenti, docenti e personale amministrativo. Dal 2006 al 2009 la rivista si consolida ma la difficoltà di mantenete una tiratura nazionale si fa sentire anche per forza della crisi economia che investe il settore della carta stampata. Dal 2009 ad oggi Nel maggio del 2009 Mario Di Stasi, nel tentativo di voler superare qualsiasi rischio di chiusura del periodico e colto dall’interesse sempre maggiore dell’informazione sul web (web 2.0 ecc), decide di portare l’intero periodico sul web, abbandonando la produzione in stampa. Nasce un nuovo portale: www.controcampus.it su piattaforma francese Spip. Questo se da un lato presenta la forza di poter interessare e raggiungere un vastissimo pubblico (le indicizzazioni lo dimostrano), dall’altro lato presenta subito delle debolezze dovute alla cattiva programmazione dello stesso portale. Nel 2012 www.controcampus.it si rinnova totalmente, Mario Di Stasi porta con se un nuovo staff: Pasqualina Scalea (Caporedattore), Dora Della Sala (Vice Caporedattore), Antonietta Amato (segreteria di Redazione) Antonio Palmieri (Responsabile dell’area Web) Lucia Picardo (Area Marketing), Rosario Santitoro ( Area Commerciale). Ci sono nuovi responsabili di area, ciascuno dei quali è a capo di una redazione nelle diverse sedi dei principali Atenei Italiani: sono nuovi giovani vogliosi di essere protagonisti in un’avventura editoriale. Aumentano e si perfezionano le competenze e le professionalità di ognuno. Questo porta Controcampus ad essere una delle voci più autorevoli nel mondo accademico. Nel 2013 www.controcampus.it si aplia, il portale d'informazione universitario, diventa un network. Una nuova edizione, non più un periodico ma un quotidiano anzi un notiziario in tempo reale. Nasce il Magazine Controcampus, nascono nuovi contenuti: scuola, università, ricerca, formazione e lavoro. Nascono ulteriori piattaforme collegate alla webzine, non solo informazione ma servizi come bacheche, appunti, ricerca lavoro e anche nuovi servizi sociali. Certo le difficoltà sono state sempre in agguato ma hanno generato all’interno della redazione la consapevolezza che esse non sono altro che delle opportunità da cogliere al volo per radicare il progetto Controcampus nel mondo dell’istruzione globale, non più solo università. Controcampus diventa sempre più grande restando come sempre gratuito. Un nuovo portale, un nuovo spazio per chiunque e a prescindere dalla propria apparenza e provenienza. Sempre più verso una gestione imprenditoriale e professionale del progetto editoriale, alla ricerca di un business libero ed indipendente che possa diventare un’opportunità di lavoro per quei giovani che oggi contribuiscono e partecipano all’attività del primo portale di informazione universitaria. Sempre più verso il soddisfacimento dei bisogni dei lettori che contribuiscono con i loro feedback a rendere Controcampus un progetto sempre più attento alle esigenze di chi ogni giorno e per vari motivi vive il mondo universitario. Leggi tutto
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