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Nurburgring in bancarotta, quando la leggenda si arrende alla crisi

Redazione Controcampus 9 Agosto 2012
R. C.
04/11/2024

Per tutti gli appassionati di automobilismo (sportivo e non) il nome del Nurburgring evoca scenari da sogno.

Specialmente quando ci si riferisce al “vecchio” circuito, chiamato Nordschleife: 20 chilometri e 832 metri di tracciato, 73 curve immerse in un enorme foresta di cui due paraboliche, saliscendi da brivido, rettilinei mozzafiato, ogni genere di sollecitazione possibile per l’auto e per il pilota e tanto, tanto pelo sullo stomaco necessario per arrivare in fondo.

Basta andare su YouTube e digitare “Nordschleife” per capire che da quando venne inaugurato, nel 1927, il tracciato ha subito preso il proprio posto in prima fila nella leggenda delle corse. Percorrendo virtualmente ogni passaggio del circuito si ha subito la sensazione di essere di fronte a qualcosa di diverso da un autodromo qualunque, dove le curve sono dieci al massimo e si ripetono velocemente giro dopo giro, fino a diventare, in qualche caso, “noiose”.

Nel caso del Nurburgring questo non accade: una volta iniziato il giro ci si addentra in un viaggio che è una sfida e già alla prima “staccata” si è catturati dalla magia con cui ogni metro di quell’asfalto accompagna chi sta al volante, tenendolo senza fiato fino alla fine, facendogli sentire che per quanto bravi si possa essere sulle quattro ruote, ci si sta misurando con qualcosa di temibile, tanto temibile che l’ex campione di F1 Jackie Stewart lo ribattezzò The Green Hell, dichiarando poi: “When I left home for the German Grand Prix I always used to pause at the end of the driveway and take a long look back. I was never sure I’d come home again” (Quando andavo via da casa per disputare il Gran Premio di Germania di solito mi giravo sempre alla fine della strada e guardavo a lungo indietro. Non ero mai sicuro del fatto che sarei tornato nuovamente a casa, ndr).

Il Nurburgring, come il Circuit de La Sarthe dove si disputa la altrettanto leggendaria 24 ore di Le Mans

Il Nurburgring, come il Circuit de La Sarthe dove si disputa la altrettanto leggendaria 24 ore di Le Mans, o come il Daytona Speedway, icona delle gare endurance di oltre oceano, è uno di quei tracciati dove ogni singolo centimetro che si percorre accelerando, frenando, sterzando o sbandando è stato teatro di un pezzo di storia dell’automobilismo.

Come in ogni storia, anche il Nurburgring, certo, ha dato il suo contributo a momenti tragici del mondo delle gare, come l’incidente che quasi costò la vita a Niki Lauda nel 1976, nel quale per una banale sbandata della sua Ferrari 312 T2, il pilota austriaco andò a schiantarsi contro i muretti ad una velocità superiore ai 180 km/h con la parte posteriore della monoposto che si incendiò all’istante, lasciandolo svenuto nel cockpit. In quel caso furono i colleghi di Lauda, tra i quali l’italiano Arturo Merzario, a fermarsi e tirarlo fuori ancora vivo ma già sfigurato nel volto per le ustioni.

L’incidente innescò enormi polemiche per la sicurezza di circuiti così veloci e così pericolosi, dove l’estensione chilometrica del circuito rendeva evidentemente difficoltosa l’operatività dei soccorsi e dei controlli in pista (all’epoca non era prevista la dislocazione di commissari di percorso lungo tutto l’autodromo, ma solo in alcuni punti ritenuti critici). L’esito delle polemiche fu l’abbandono definitivo del circuito da parte della Formula 1 che, da quell’anno, si spostò sul tracciato di Hockenheim.

Sulla pista del Nordschleife (“anello Nord”) si continuò a correre con altre categorie, mentre il fascino, se vogliamo anche maledetto, del circuito, è rimasto intatto. Le centinaia di milioni di appassionati di tutto il mondo che ci hanno messo piede hanno continuato negli anni a lasciare il loro pensiero, il loro tifo, scritto con la vernice bianca o colorata sull’asfalto di ogni curva e di ogni rettilineo.

Negli ultimi tempi, il circuito è diventato un punto di riferimento per le case automobilistiche di tutto il mondo, che, grazie alle sue caratteristiche uniche, lo utilizzano come test track per i modelli che andranno in produzione o come benchmark per provare i miglioramenti di vetture particolarmente “estreme”.

La Ferrari, ad esempio, nel 2010 ha fatto registrare il record del circuito con il pilota-collaudatore bolognese Raffaele De Simone alla guida della “mostruosa” 599XX, una serie super limitata per pochi milionari derivata da un modello di serie. Lo stesso record infranto l’anno successivo dalla Pagani, che al Nurburgring ha voluto sciogliere i 750 cavalli della Zonda R.

Altre case hanno saputo interpretare, invece, il richiamo fortissimo del tracciato rispetto agli appassionati: BMW, ad esempio, ha installato all’interno della pista una flotta dei suoi modelli più sportivi che, guidati da piloti professionisti (tra questi la famosa Sabine Schmitz, oggi pilota Porsche), fanno da “taxi” per un giro da brivido sul percorso. Il successo dell’iniziativa è tale che da dieci anni i biglietti disponibili (limtati) per farsi scarrozzare a 300 all’ora nei 20 km di leggenda asfaltata sono tutti puntualmente prenotati (per informazioni).

L’entusiasmo delle case costruttrici, peraltro, ha permesso anche che si tornassero a disputare competizioni storiche come la 24 ore del Nurburgring, che quest’anno si è disputata a maggio e ha fatto registrare il boom di presenze di iscritti e di spettatori.

Tutto ciò, fino a quando pochi giorni fa, le principali agenzie di stampa internazionale hanno reso noto che la società che gestisce il circuito è prossima all’insolvenza, sul punto di dichiarare lo stato di bancarotta per debiti insoluti pari a più di 300 milioni di euro. Come è possibile che un luogo sacro del motorsport mondiale così seguito e frequentato sia finito, è il caso di dirlo, “al verde”?

A spiegare bene la vicenda nei suoi tratti essenziali è Mike Frison, appassionato giornalista nativo di Mayen e cresciuto vicino al circuito, al quale ha dedicato la propria attenzione sia come tifoso che come driver e, ad oggi, come cronista-osservatore del ciclone finanziario che sembra aver travolto la pista.

Frison, fondatore del sito 20832.com, dedicato alla storia agonistica del Nurburgring e promotore della campagna Save The Ring, che raccoglie adesioni perché il tracciato non sia costretto a chiudere i battenti, spiega che l’impianto della pista è sempre stato di proprietà pubblica, più precisamente del governo della Renania-Palatinato, la regione dove sorge “il Ring”.

Una decina di anni fa la proprietà pubblica decide di affittare la gestione dell’enorme impianto (nel frattempo a fianco al vecchio tracciato ne è stato costruito uno nuovo di poche curve che ospita, ad oggi, la Formula 1 ) a dei privati senza esperienza nel mondo dell’automobilismo sportivo: i nuovi gestori, forti delle proprie idee, decidono di stravolgere il concetto di autodromo e di costruire un gigantesco parco tematico con hotel, centri congressi, cinema, centri commerciali, e strutture varie con un costo prossimo ai 200 milioni di euro, un complesso di opere che poco hanno a che vedere con auto da corsa e gare, tanto da essere ribattezzato dallo stesso Frison come “Nuro-Disney”.

Secondo il giornalista, proprio la costruzione delle nuove strabordanti infrastrutture starebbe al centro dell’indebitamento eccessivo da parte della gestione del circuito: un investimento che non ha prodotto nessuno dei risultati sperati, ma solo un aumento vertiginoso delle spese di gestione da parte della società Nurburgring Gmbh, che naturalmente non ha più corrisposto regolarmente alla proprietà (pubblica) l’ammontare degli “affitti”.

Come se non bastasse, nella costruzione di “Nuro-Disney”, secondo quanto riportato da Frison, sarebbero finiti anche diversi milioni di euro provenienti dal governo regionale, quindi soldi sostanzialmente statali, cosa che ha fatto infuriare buona parte dell’opinione pubblica tedesca.

Dopo aver fatto il giro del mondo, la notizia è arrivata all’attenzione della persona che più di ogni altro individuo avrebbe interesse a salvare l’impianto del circuito, vale a dire il patron della F1, Mr. Bernie Ecclestone. Il milionario inglese non solo si è affrettato a dichiarare che la situazione del Nurburgring va salvaguardata, ma ha anche specificato che gli accordi con i gestori per disputare il GP di Germania nel 2013 erano già stati presi (il che, in parole povere, significa fideiussioni incassate, contratti con gli sponsor firmati, e tanti milioni di dollari che volano da una banca all’altra).

Magia delle magie, neanche fossimo nell’ultimo episodio di Harry Potter, il giorno successivo alle dichiarazioni di Ecclestone il governatore della Renania-Palatinato ha fatto capolino in una conferenza stampa rassicurando tutti sul fatto che ci sarebbero state “buone probabilità” sull’arrivo imminente di una garanzia di liquidità pubblica per far ottenere ai gestori indebitati il prestito necessario a coprire la voragine finanziaria.

Come nei migliori copioni, però, non poteva andare tutto liscio e l’incantesimo sembra svanire: è di oggi, infatti, la notizia secondo la quale il capo della divisione Automotive di Nurburgring Gmbh avrebbe ammesso che l’autodromo, attualmente, non è in grado di sostenere il costo della “tassa” da pagare per…ospitare la Formula 1 il prossimo anno. Potrebbe scappare una risata amara: non si capisce, infatti, se Mr. Ecclestone avesse capito male o se, a questo punto, gli fossero state date garanzie non proprio autentiche. Del resto Frison già due anni fa, da blogger ospite su Jalopnik.com (un sito imperdibile per gli appassionati di auto) denunciava come la società che gestisce il tracciato mentisse anche sul numero di incassi e di spettatori in visita, diffondendo al pubblico cifre di 3-4 volte superiori.

Il cielo sopra il Nurburgring sembra annuvolarsi sempre di più invece di rischiarare, e i presagi di un temporale ci sono tutti: stando a quanto si legge in rete, infatti, in queste ore la Commissione Europea sta avviando un’istruttoria nei confronti del Land della Renania-Palatinato per verificare la conformità alle norme europee degli aiuti statali concessi in modo così “disinvolto” al tracciato.

Se l’UE dovesse censurare il comportamento del governo regionale tedesco, questo significherebbe altri guai e sicuramente una sanzione non leggera, con un peggioramento della situazione che non promette niente di buono.

Gli appassionati di motori ricorderanno che una vicenda simile fu alla base del periodo nero dell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola: sopravvissuto alla morte di Ayrton Senna nel 1994, il circuito venne modificato per ragioni di sicurezza ma nel 2006, a causa della forte esposizione debitoria della società che lo gestiva, la SAGIS, vide l’esclusione dal successivo calendario di Formula 1 (stagione 2007) e andò incontro ad una crisi economica e gestionale che ne provocò la chiusura per quasi due anni, al termine dei quali riaprì, completamente rinnovato.

L’unica, buona notizia, è che, per il momento, e per quanto riguarda gli appassionati, il Nurburgring resta aperto: come ogni giorno, alle nove del mattino si aprono i cancelli per i test delle case automobilistiche, che vanno avanti fino a metà pomeriggio quando davanti ai cancelli del Dottinger-Hoe si formano lunghe code di disciplinatissimi appassionati pronti a scatenarsi in pista con la propria auto o con una presa a noleggio poco prima.

I meno fortunati, in attesa di affrontare il Nordschleife un giorno, continuano a sognarlo e a studiarlo per sfidarlo di persona, chi imparando a memoria le curve nei video dei milioni di camera car di YouTube, chi gareggiandoci virtualmente grazie a videogames come Forza Motorsport 4 o Gran Turismo 5 (la riproduzione del circuito nei titoli di gioco di ultima generazione raggiunge livelli di fotorealismo stupefacenti).

I più nerd, per non farsi mancare niente, sorvegliano invece il Ring dallo smartphone, grazie all’app Nurburgring-info (per Android e per iOS), che si collega in tempo reale con le webcam del tracciato e mette a disposizione numeri, indirizzi, orari e ogni indicazione per preparare una gita in pista coi fiocchi.

Malgrado quella del complesso della pista debba essere una gestione industriale, efficiente, economica e razionale, non si può negare che il vero ossigeno del leggendario tracciato, più che questo o quel prestito finanziario, sia la passione smodata di chi da ogni parte del mondo sogna di metterci piede per la prima volta o di tornarci per viverlo, in tutta la sua controversa unicità.

Quella passione che manca e che mancherà sempre a chi continua e continuerà a scambiare l’autodromo per una macchina da soldi, non capendo che quello è e rimane solo il vecchio, incredibile e tremendo Inferno Verde, quello che gli appassionati vorranno sempre così per come è. Niente di più.

© Riproduzione Riservata
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Sempre più verso il soddisfacimento dei bisogni dei nostri lettori che contribuiscono con i loro feedback a rendere Controcampus un progetto sempre più attento alle esigenze di chi ogni giorno e per vari motivi vive il mondo universitario. La Storia Controcampus è un periodico d’informazione universitaria, tra i primi per diffusione. Ha la sua sede principale a Salerno e molte altri sedi presso i principali atenei italiani. Una rivista con la denominazione Controcampus, fondata dal ventitreenne Mario Di Stasi nel 2001, fu pubblicata per la prima volta nel Ottobre 2001 con un numero 0. Il giornale nei primi anni di attività non riuscì a mantenere una costanza di pubblicazione. Nel 2002, raggiunta una minima possibilità economica, venne registrato al Tribunale di Salerno. Nel Settembre del 2004 ne seguì la registrazione ed integrazione della testata www.controcampus.it. Dalle origini al 2004 Controcampus nacque nel Settembre del 2001 quando Mario Di Stasi, allora studente della facoltà di giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Salerno, decise di fondare una rivista che offrisse la possibilità a tutti coloro che vivevano il campus campano di poter raccontare la loro vita universitaria, e ad altrettanta popolazione universitaria di conoscere notizie che li riguardassero. Il primo numero venne diffuso all’interno della sola Università di Salerno, nei corridoi, nelle aule e nei dipartimenti. Per il lancio vennero scelti i tre giorni nei quali si tenevano le elezioni universitarie per il rinnovo degli organi di rappresentanza studentesca. In quei giorni il fermento e la partecipazione alla vita universitaria era enorme, e l’idea fu proprio quella di arrivare ad un numero elevatissimo di persone. Controcampus riuscì a terminare le copie date in stampa nel giro di pochissime ore. Era un mensile. La foliazione era di 6 pagine, in due colori, stampate in 5.000 copie e ristampa di altre 5.000 copie (primo numero). Come sede del giornale fu scelto un luogo strategico, un posto che potesse essere d’aiuto a cercare fonti quanto più attendibili e giovani interessati alla scrittura ed all’ informazione universitaria. La prima redazione aveva sede presso il corridoio della facoltà di giurisprudenza, in un locale adibito in precedenza a magazzino ed allora in disuso. La redazione era quindi raccolta in un unico ambiente ed era composta da un gruppo di ragazzi, di studenti (oltre al direttore) interessati all’idea di avere uno spazio e la possibilità di informare ed essere informati. Le principali figure erano, oltre a Mario Di Stasi: Giovanni Acconciagioco, studente della facoltà di scienze della comunicazione Mario Ferrazzano, studente della facoltà di Lettere e Filosofia Il giornale veniva fatto stampare da una tipografia esterna nei pressi della stessa università di Salerno. Nei giorni successivi alla prima distribuzione, molte furono le persone che si avvicinarono al nuovo progetto universitario, chi per cercarne una copia, chi per poter partecipare attivamente. Stava per nascere un nuovo fenomeno mai conosciuto prima, Controcampus, “il periodico d’informazione universitaria”. “L’università gratis, quello che si può dire e quello che altrimenti non si sarebbe detto”, erano questi i primi slogan con cui si presentava il periodico, quasi a farne intendere e precisare la sua intenzione di università libera e senza privilegi, informazione a 360° senza censure. Il giornale, nei primi numeri, era composto da una copertina che raccoglieva le immagini (foto) più rappresentative del mese, un sommario e, a seguire, Campus Voci, la pagina del direttore. La quarta pagina ospitava l’intervista al corpo docente e o amministrativo (il primo numero aveva l’intervista al rettore uscente G. Donsi e al rettore in carica R. Pasquino). Nelle pagine successive era possibile leggere la cronaca universitaria. A seguire uno spazio dedicato all’arte (poesia e fumettistica). I caratteri erano stampati in corpo 10. Nel Marzo del 2002 avvenne un primo essenziale cambiamento: venne creato un vero e proprio staff di lavoro, il direttore si affianca a nuove figure: un caporedattore (Donatella Masiello) una segreteria di redazione (Enrico Stolfi), redattori fissi (Antonella Pacella, Mario Bove). Il periodico cambia l’impaginato e acquista il suo colore editoriale che lo accompagnerà per tutto il percorso: il blu. Viene creata una nuova testata che vede la dicitura Controcampus per esteso e per riflesso (specchiato), a voler significare che l’informazione che appare è quella che si riflette, quello che, se non fatto sapere da Controcampus, mai si sarebbe saputo (effetto specchiato della testata). La rivista viene stampa in una tipografia diversa dalla precedente, la redazione non aveva una tipografia propria, ma veniva impaginata (un nuovo e più accattivante impaginato) da grafici interni alla redazione. Aumentarono le pagine (24 pagine poi 28 poi 32) e alcune di queste per la prima volta vengono dedicate alla pubblicità. Viene aperta una nuova sede, questa volta di due stanze. Nel Maggio 2002 la tiratura cominciò a salire, fu l’anno in cui Mario Di Stasi ed il suo staff decisero di portare il giornale in edicola ad un prezzo simbolico di € 0,50. Il periodico era cosi diventato la voce ufficiale del campus salernitano, i temi erano sempre più scottanti e di attualità. Numero dopo numero l’obbiettivo era diventato non più e soltanto quello di informare della cronaca universitaria, ma anche quello di rompere tabù. Nel puntuale editoriale del direttore si poteva ascoltare la denuncia, la critica, la voce di migliaia di giovani, in un periodo storico che cominciava a portare allo scoperto i risultati di una cattiva gestione politica e amministrativa del Paese e mostrava i primi segni di una poi calzante crisi economica, sociale ed ideologica, dove i giovani venivano sempre più messi da parte. Disabilità, corruzione, baronato, droga, sessualità: sono questi alcuni dei temi che il periodico affronta. Nel 2003 il comune di Salerno viene colto da un improvviso “terremoto” politico a causa della questione sul registro delle unioni civili, “terremoto” che addirittura provoca le dimissioni dell’assessore Piero Cardalesi, favorevole ad una battaglia di civiltà (cit. corriere). Nello stesso periodo Controcampus manda in stampa, all’insaputa dell’accaduto, un numero con all’interno un’ inchiesta sulla omosessualità intitolata “dirselo senza paura” che vede in copertina due ragazze lesbiche. Il fatto giunge subito all’attenzione del caporedattore G. Boyano del corriere del mezzogiorno. È cosi che Controcampus entra nell’attenzione dei media, prima locali e poi nazionali. Nel 2003 Mario Di Stasi avverte nell’aria segnali di cambiamento sia della società che rispetto al periodico Controcampus. Pensa allora di investire ulteriormente sul progetto, in redazione erano presenti nuove figure: Ernesto Natella, Laura Muro, Emilio C. Bertelli, Antonio Palmieri. Il periodico aumenta le pagine, (44 pagine e poi 60 pagine), è stampato interamente a colori, la testata è disegnata più piccola e posizionata al lato sinistro della prima pagina. La redazione si trasferisce in una nuova sede, presso la palazzina E.di.su del campus di Salerno, questa volta per concessione dell’allora presidente dell’E.di.su, la Professoressa Caterina Miraglia che crede in Controcampus. Nello stesso anno Controcampus per la prima volta entra nel mondo del Web e a farne da padrino è Antonio Palmieri, allora studente della facoltà di Economia, giovane brillante negli studi e nelle sue capacità web. Crea un portale su piattaforma CMS realizzato in asp. È la nascita di www.controcampus.it e l’inizio di un percorso più grande. Controcampus è conosciuto in tutti gli atenei italiani, grazie al rapporto e collaborazione che si instaura con gli uffici stampa di ogni ateneo, grazie alla distribuzione del cartaceo ed alla nuova iniziativa manageriale di aprire sedi - redazioni in tutta Italia. Nel 2004 Mario Di Stasi, Antonio Palmieri, Emilio C. Bertelli e altri redattori del periodico controcampus vengono eletti rappresentanti di facoltà. Questo non permette di sporcare l’indirizzo e linea editoriale di Controcampus, che resta libera da condizionamenti di partito, ma offre la possibilità di poter accedere a finanziamenti provenienti dalla stessa Università degli Studi di Salerno che, insieme alla pubblicità, permettono di aumentare gli investimenti del gruppo editoriale. Ciò nonostante Controcampus rispetto alla concorrenza doveva contare solamente sulle proprie forze. La forza del giornale stava nella fiducia che i lettori avevano ormai riposto nel periodico. I redattori di Controcampus diventarono 15, le redazioni nelle varie università italiane aumentavano. Tutto questo faceva si che il periodico si consolidasse, diventando punto di riferimento informativo non soltanto più dei soli studenti ma anche di docenti, personale e politici, interessati a conoscere l’informazione universitaria. Gli stessi organi dell’istruzione quali Miur e Crui intrecciavano rapporti di collaborazione con il periodico. Dal 2005 al 2009 A partire dal 2005 Controcampus e www.controcampus.it ospitano delle rubriche fisse. Le principali sono: Università, la rubrica dedicata alle notizie istituzionali Uni Nord, Uni Centro e Uni Sud, rubriche dedicate alla cronaca universitaria Cominciano inoltre a prender piede informazioni di taglio più leggero come il gossip che anche nel contesto universitario interessa. La redazione di Controcampus intuisce che il gossip può permettergli di aumentare il numero di lettori e fedeli e nasce cosi da controcampus anche una iniziativa che sarà poi riproposta ogni anno, Elogio alla Bellezza, un concorso di bellezza che vede protagonisti studenti, docenti e personale amministrativo. Dal 2006 al 2009 la rivista si consolida ma la difficoltà di mantenete una tiratura nazionale si fa sentire anche per forza della crisi economia che investe il settore della carta stampata. Dal 2009 ad oggi Nel maggio del 2009 Mario Di Stasi, nel tentativo di voler superare qualsiasi rischio di chiusura del periodico e colto dall’interesse sempre maggiore dell’informazione sul web (web 2.0 ecc), decide di portare l’intero periodico sul web, abbandonando la produzione in stampa. Nasce un nuovo portale: www.controcampus.it su piattaforma francese Spip. Questo se da un lato presenta la forza di poter interessare e raggiungere un vastissimo pubblico (le indicizzazioni lo dimostrano), dall’altro lato presenta subito delle debolezze dovute alla cattiva programmazione dello stesso portale. Nel 2012 www.controcampus.it si rinnova totalmente, Mario Di Stasi porta con se un nuovo staff: Pasqualina Scalea (Caporedattore), Dora Della Sala (Vice Caporedattore), Antonietta Amato (segreteria di Redazione) Antonio Palmieri (Responsabile dell’area Web) Lucia Picardo (Area Marketing), Rosario Santitoro ( Area Commerciale). Ci sono nuovi responsabili di area, ciascuno dei quali è a capo di una redazione nelle diverse sedi dei principali Atenei Italiani: sono nuovi giovani vogliosi di essere protagonisti in un’avventura editoriale. Aumentano e si perfezionano le competenze e le professionalità di ognuno. Questo porta Controcampus ad essere una delle voci più autorevoli nel mondo accademico. Nel 2013 www.controcampus.it si aplia, il portale d'informazione universitario, diventa un network. Una nuova edizione, non più un periodico ma un quotidiano anzi un notiziario in tempo reale. Nasce il Magazine Controcampus, nascono nuovi contenuti: scuola, università, ricerca, formazione e lavoro. Nascono ulteriori piattaforme collegate alla webzine, non solo informazione ma servizi come bacheche, appunti, ricerca lavoro e anche nuovi servizi sociali. Certo le difficoltà sono state sempre in agguato ma hanno generato all’interno della redazione la consapevolezza che esse non sono altro che delle opportunità da cogliere al volo per radicare il progetto Controcampus nel mondo dell’istruzione globale, non più solo università. Controcampus diventa sempre più grande restando come sempre gratuito. Un nuovo portale, un nuovo spazio per chiunque e a prescindere dalla propria apparenza e provenienza. Sempre più verso una gestione imprenditoriale e professionale del progetto editoriale, alla ricerca di un business libero ed indipendente che possa diventare un’opportunità di lavoro per quei giovani che oggi contribuiscono e partecipano all’attività del primo portale di informazione universitaria. Sempre più verso il soddisfacimento dei bisogni dei lettori che contribuiscono con i loro feedback a rendere Controcampus un progetto sempre più attento alle esigenze di chi ogni giorno e per vari motivi vive il mondo universitario. Leggi tutto