In un’Europa in crisi da ormai diversi anni, dove le Borse internazionali fanno su e giù peggio che delle montagne russe, l’incubo dello Spread rincorre i banchieri come nella peggiore delle case dei fantasmi, quelli che vivono in maniera diretta la crisi e le sue conseguenze sono sempre loro: i cittadini.
La loro voce si è unita nel gridare un solo slogan “NO ALL’AUSTERITY”. Lo hanno gridato in Portogallo, in Francia, in Spagna, dove gli indignados son un po’ gli apripista delle contestazioni che hanno come obbiettivo i provvedimenti anti-crisi. Anche i cittadini italiani non sono stati da meno, nelle piazze e nelle strade romane, napoletane, torinesi, in ogni città dal Nord al Sud, si è fatta sentire la voce degli studenti, dei professori e dei lavoratori che sono ormai esasperati da questi provvedimenti che, come recitano spesso gli slogan, “ci stanno togliendo il futuro e ogni possibilità di lavoro”.
Abbiamo intervistato due persone che provengono dalla stessa istituzione, l’università, anche se in città e da realtà completamente diverse. Tommaso è uno studente fuori sede che viene da un paese in provincia di Avellino (Carpignano), studia “Scienze Politiche” a Bologna. Annamaria è una studentessa di un paese nella provincia di Benevento (Morcone), che studia a Napoli “Filosofia” anche lei come fuori sede.
Avete partecipato oggi allo sciopero e/o ad una delle manifestazioni che ci sono state nel vostro territorio?
Anna Maria: Purtroppo no. Vivendo in un angolo remoto di una provincia poco importante dove non ci sono agitazioni di alcun genere.
Tommaso: Ho preso parte alla manifestazione organizzata dai COBAS e dalla CIGIL. Sinceramente volevo unirmi alla manifestazione organizzata dal CUA (un collettivo universitario bolognese ndr.) ma a causa di inefficienze organizzative e della loro scelta di non dichiarare nessun percorso preciso in anticipo, non sono riuscito ad accodarmi.
Spesso i giovani partecipano alle manifestazioni o agli scioperi senza essere realmente informati o interessati alla cosa, ne approfittano solo per poter saltare un giorno di studio. Pensi che i tuoi colleghi universitari, o i tuoi coetanei siano tra questi o hai avvertito una sorta di presa di coscienza maggiore rispetto agli anni scorsi da parte loro?
Anna Maria: Penso che il peggioramento generale e progressivo delle condizioni della nostra società lasci poco spazio per fenomeni del genere. Quindi, anche se dovessero essersi verificati episodi di mala informazione o superficialità, essi sono marginali rispetto al carattere della protesta.
Tommaso: Per gli universitari saltare un giorno di studio è a solo loro svantaggio. Le medie e le superiori sono una cosa a parte, è difficile dirlo. Potrebbe essere sia l’una sia l’altra alternativa. So di un liceo bolognese, non ricordo quale, che ha partecipato per motivazioni molto serie; durante una assemblea di classe sono caduti i pannelli al neon delle luci. Anche al Nord industrializzato le scuole sono fatiscenti, senza poi parlare delle scuole che ho dovuto frequentare giù, una era in un ex granaio. Penso che la presa di coscienza ci sia, dovuta sopratutto alla incombente e preoccupante assenza di lavoro. Uno degli esempi di questa presa di coscienza totale è la presenza nelle manifestazioni sia dei professori che degli studenti, sempre più spesso fianco a fianco. Penso che sia anche compito dei professori cercare di far maturare una coscienza all’interno dei propri studenti.
I provvedimenti anti-crisi, come hanno cambiato la tua realtà, sia per quello che riguarda l’istruzione sia per quello che riguarda la vita quotidiana.
Anna Maria: Per ciò che riguarda l’istruzione, questi provvedimenti non hanno fatto che confermare il trend degli anni precedenti. Una progressiva svalutazione dell’importanza dell’istruzione pubblica che si concretizza in mancanza di incentivi, e nello svilimento delle opportunità di un percorso di ricerca che vada oltre la laurea, il “pezzo di carta”. Per ciò che riguarda la mia vita quotidiana, posso affermare la fatica della mia famiglia ad accumulare risparmi, nonostante i miei genitori siano entrambi dei lavoratori, tutto ciò che guadagnano viene a perdersi per le spese di base, al contrario degli anni precedenti in cui, qualcosa, si riusciva a conservare. Da un punto di vista ancora più personale, la mia decisione di investire nello studio vacilla e sento sempre più pressante la necessità di acquisire abilità pratiche abbastanza lontane dalle mie iniziali aspirazioni,visto che studio filosofia.
Tommaso:Beh, sinceramente nell’ottica del sistema capitalistico, Monti sta facendo bene ad effettuare questi tagli, questa è un’azione da manuale. Ma io non credo nel sistema capitalistico e quindi non posso che pensare il peggio di questi tagli. A mia madre, una professoressa, hanno bloccato l’avanzamento di fascia. Papà che è un dipendente in una azienda privata, ha sempre paura che possa succedere qualcosa. Io nel mio piccolo, sto più attento alle spese, cerco di chiedere sempre meno ai miei. Le tasse universitarie, poi, sono aumentate di 100€ da un anno ad un altro.
Ti sei accorto di un cambiamento improvviso e radicale o è stato un cambiamento un po’ più lento e graduale?
AnnaMaria: Più che cambiamento, palerei di declino. Tutt’altro che improvviso, esso mi pare progressivo e irreversibile.
Tommaso: Lento e graduale, altrimenti avremmo fatto la fine della Grecia.
Credi che questa manifestazione, che è solo l’ultima di tante altre che l’hanno preceduta, possa realmente essere utile al cambiamento, o è solo l’ennesimo buco nell’acqua?
AnnaMaria: L’utilità di una manifestazione è sempre estremamente relativa se non si accompagna ad un movimento che si protrae nel tempo, la forza della protesta non può circoscriversi alle piazze, deve procedere attraverso lo studio e la preparazione. Anche se vanno fatti autonomamente, visto il palese antagonismo delle istituzioni.
Tommaso: la manifestazione è il sintomo di un dissapore. Questa deve essere la prima di molte altre, non l’ultima di molte altre. Ogni manifestazione è un punto di partenza.