Gelmini e il polverone di discussioni e tavole rotonde dei rettori delle Università italiane si è arrivati ad un compromesso. Non tutte le Università hanno convertito i propri corsi di laurea in Inglese e hanno dato il via libera alla Tesi di Laurea Inglese. Nel frattempo molti indirizzi scientifici si sono adeguati ai corsi in inglese.
Duecento professori del Politecnico di Milano hanno scritto un documento ufficiale: Tesi di Laurea Inglese “la laurea solo in inglese”. Il Rettore Giovanni Azzone ha annunciato che dal 2014 i corsi di laurea magistrale si terranno esclusivamente in lingua inglese, come avviene per alcuni indirizzi linguistici. Un passo in avanti, in un Paese come l’Italia dove gli studenti stranieri sono il 3,6 per cento (in Inghilterra sfiorano il 20). Ma non tutti gli studenti accolgono bene la notizia e iniziativa di Tesi in Inglese.
Nonostante l’indignazione dei puristi circa il rinnovamento che si vuole apportare ai corsi di laurea e circala questione discussione Tesi di Laurea Inglese, i dati del Miur mostrano un quadro chiaro: sono più di 100 i corsi di laurea in inglese già offerti dagli atenei italiani.
Quali sono le Università e le Facoltà che aprono ai corsi di Laurea in Inglese e alla discussione Tesi di Laurea in Inglese. Al primo posto c’è Bologna: nel 2012/13 saranno 21 le lauree in inglese, comprese quelle nuove di zecca in Economia del Turismo e Management della Sanità.
Certo, guardare lontano costa: al Politecnico di Milano si investiranno 3,2 milioni di euro per attirare docenti stranieri. E a Bologna? La prorettrice Salvaterra ci spiega :«Il nostro budget per il settore è di 10 milioni; 3 provenienti dall’ateneo, 7 da fondi esterni, Commissione europea e governi stranieri». «Abbiamo ingegneri nelle multinazionali e manager impegnati nella tutela dei siti Unesco», conclude Salvaterra.
Gli insegnanti e gli studenti sono selezionati dalle facoltà. E’ necessario avere un titolo internazionale o un certificato che attesti la conoscenza di una lingua straniera con il livello C2 per essere docenti dei nuovi corsi. Gli studenti sono tenuti a presentare un certificato o a superare un esame in lingua ( la bocciatura permette allo studente di frequentare i corsi della facoltà con un Debito Formativo che deve essere superato durante il ciclo di studi.)
Il rettore del Politecnico di Milano: «I nostri laureati lavorano sia in aziende italiane di medie dimensioni, impegnate all’estero, sia in aziende straniere» dice. «Per noi, l’inglese è il tassello indispensabile del progetto formativo. Obiettivo, offrire più chances agli italiani e al tempo stesso attrarre i migliori studenti stranieri».
Marco Gilli, rettore del Politecnico di Torino: «Le menti più brillanti riescono ad andare gratuitamente ad Harvard, che costa 50.000 dollari vanno, grazie alle borse di studio. Dobbiamo essere attrattivi almeno quanto gli altri atenei tecnici europei, come Monaco, Zurigo, Losanna». Continua Gilli: «In certi settori, come Ingegneria industriale o dell’informazione, il mio campo, si parla solo inglese. Spingiamo i nostri studenti a fare un’esperienza all’estero: per chi frequenta il dottorato, è obbligatorio un anno».
Le università sia a Nord che a Sud: si va da Trento (2 lauree in inglese tra Economia, Ingegneria, Scienze), a Camerino (7), Roma Tor Vergata (8), fino a Catania (4, tre delle quali in Ingegneria e una in Scienze Politiche). Le percentuali di stranieri variano parecchio.
Queste sono le ultime informazioni circa le Università che per ora faranno approdare corsi di laurea in inglese e daranno l’ok a Tesi di Laurea Inglese. ciò che preoccupa i puristi della lingua è che per adeguarci ad un Mercato europeo e alla lingua della tecnologia, l’ Università Italiana perda i tratti caratteristici della preparazione solitamente fornita agli studenti.
Infatti ciò che alcuni dimenticano di dire è che spesso si unisce all’ acquisizione della lingua quella di nuovi programmi e obiettivi che non sono propriamente Made in Italy. Inoltre la corsa all’adeguamento a standard economici e occupazionali più che culturali di altri paesi finisce per asservire le Università agli sbocchi di mercato più redditizi inibendo innovazioni e mortificando le risorse culturali presenti in Italia e nelle menti degli studenti italiani.