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Università a Numero Chiuso. No al numero chiuso: I Tar “riammettono gli esclusi”

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17/12/2024

Il numero chiuso universitario è sempre stato uno dei problemi maggiori per le Università in Italia, sia per il loro numero minimo rispetto alla mole dei ragazzi che cerca di superarlo, sia per la possibilità di brogli e privilegi che possono esserci durante i test che si devono superare per poter accedere alle facoltà ''a numero chiuso''.

Il numero chiuso universitario è sempre stato uno dei problemi maggiori per le Università in Italia, sia per il loro numero minimo rispetto alla mole dei ragazzi che cerca di superarlo, sia per la possibilità di brogli e privilegi che possono esserci durante i test che si devono superare per poter accedere alle facoltà ”a numero chiuso”.

In molti casi i punteggi minimi per poter superare i test d’ingresso delle facoltà a numero chiuso non sono gli stessi in tutta Italia, ad esempio un ragazzo che non riesce a superare il numero chiuso a Milano con un determinato punteggio, avrebbe superato il numero chiuso in un’altra Università del Sud.

Il Tar del Lazio in proposito dando il via ad una vera e propria rivoluzione. I ragazzi che non hanno superato i test inizialmente, ma che hanno ottenuto un punteggio che gli avrebbe permesso di entrare in un’altra università, sono stati ammessi.

Spieghiamo meglio di cosa si tratta. Se uno studente ottiene un risultato basso ai test non riesce a superare lo sbarramento del numero chiuso, ma nel caso in cui riuscisse a dimostrare che con il suo stesso punteggio, un’altro ragazzo è riuscito a superare i test in un altro ateneo italiano, allora lo studente avrà diritto ad essere ammesso nell’ateneo dove non ha inizialmente sostenuto il test d’ingresso per la facoltà a numero chiuso.

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E’ Michele Orezzi, coordinatore nazionale dell’Udu ha dichiarare: ”Il maldestro tentativo di Profumo di risposta ai nostri ricorsi e alla probabile incostituzionalità del numero chiuso è stata mettere le macroaree con una graduatoria aggregata tra più atenei. Questa sentenza è la risposta nei fatti al provvedimento del ministro che abbiamo criticato fin da subito: la graduatoria dei quattro atenei per la facoltà di medicina è da considerarsi nulla

La sentenza a cui si fa riferimento è quella del 21 Dicembre nella quale i giudici di Roma hanno riammesso nei rispettivi atenei gruppi di studenti di Milano, Firenze, Parma, e Messina esclusi per il punteggio troppo basso, e fuori dai posti messi a concorso, ma che con lo stesso punteggio sarebbero stati ammessi alla Sapienza di Roma. Risultato: tutti ammessi in attesa che il Tar si pronunci in via definitiva.

All’interno del sistema ”numero chiuso” ci sono anche altri problemi. Il Tar di Campobasso ha annullato la graduatoria del test di Medicina per l’intera macroarea di appartenenza (Campobasso, Bari e Foggia).

Il motivo che ha causato l’annullamento della graduatoria per entrare nella facoltà a numero chiuso è semplice. La Commissione ha richiesto ai candidati di lasciare sul banco la carta d’identità accanto al codice della prova del test. In questo modo era possibile l’accostamento di un nome ad una prova e quindi si apriva uno scenario di possibili raccomandazioni e privilegi. Il consorzio di atenei che cura le selezioni a livello nazionale – il Cineca non avrebbe, inoltre, compilato nessun verbale.

I Tar delle regioni Abruzzo, Marche e Sardegna hanno fatto rietrare tutti quegli studenti che, per poter aggirare il numero chiuso delle facoltà, si erano trasferiti ed iscritti nelle università della Romania, del Belgio e della Spagna.

Quasi duecento studenti che hanno fatto ricorso al Tar di Firenze perchè “l’università aveva introdotto ”illegalmente” il numero chiuso nella facoltà di ingegneria. L’opinione degli studenti è stata condivisa dal Tar e sono stati ammessi alla facoltà d’ingegneria dell’università di Pisa tutti i ricorrenti.

Abbiamo intervistato per voi il professore Paolo Mancarella, Prorettore per la Didattica dell’Università di Pisa sulle recenti ammissioni ad ingegneria.

Di recente il Tar della Toscana ha accettato il ricorso che i circa duecento studenti hanno presentato, poichè, queste le loro motivazioni ”hanno introdotto illegalmente il numero chiuso” alla facoltà d’ingegneria dell’Università di Pisa. Le chiedo se condivide la decisione presa dal Tar, tenendo conto che in molte altre università italiane, studenti che inizialmente non avevano superato i test d’ingresso, sono stati ammessi a seguito del ricorso.

Paolo Mancarella

Il Tar Toscana, nell’ordinanza n. 01746/2012, ha accolto l’istanza cautelare presentata da circa centocinquanta studenti immatricolati nell’A.A. 2012/2013 ai corsi di laurea dell’area di Ingegneria che si opponevano alle modalità di estinzione degli Obblighi Formativi Aggiuntivi (OFA) previsti nei regolamenti didattici dei corsi di studio dell’area di Ingegneria. Gli OFA sono previsti dall’art. 6 del DM 270/04 per coloro che non superano con esito positivo la verifica delle conoscenze in ingresso che, nel caso dei corsi di studio sopra menzionati come nella quasi totalità dei corsi di studio dell’Ateneo, consiste in un test di valutazione (test di ingresso). Si precisa che i corsi dell’area di ingegneria non sono “a numero chiuso” e il mancato superamento del test di ingresso non preclude comunque l’iscrizione ma impone il superamento degli OFA tramite corsi di recupero organizzati dall’area di Ingegneria. Nel recepire l’ordinanza sopra citata, e in attesa di una sentenza definitiva in merito, l’Università di Pisa ha stabilito di consentire agli studenti ricorrenti, e per motivi di equità anche ai non ricorrenti, di sostenere gli esami relativi agli insegnamenti che hanno frequentato, fatta salva la verifica dell’estinzione degli OFA come precisato nell’ordinanza stessa, a conclusione di corsi di recupero appositamente programmati. Dai dati a mia disposizione risulta che, dei circa 150 ricorrenti, solo 38 hanno ancora obbligo di estinzione degli OFA e, di questi, solo quattro hanno sostenuto con esito positivo almeno un esame nella sessione invernale da poco conclusa.

Crede che il “numero chiuso” possa portare vantaggi alle facoltà italiane? In che modo?

Le motivazioni che possono indurre all’introduzione del numero chiuso locale in un corso di studio sono dettate da esigenze legate ai requisiti di sostenibilità dei corsi (presenza di un numero adeguato di docenti, di aule e soprattutto di laboratori) necessari per assicurare una didattica qualificata a livello universitario e imposti in modo tassativo dalla normativa ministeriale. Come è noto, negli ultimi anni i sempre minori finanziamenti alle università hanno causato una drastica diminuzione del numero di docenti e di fondi per le attrezzature. In molti casi, quindi, si tratta di una scelta obbligata fra prevedere il numero chiuso per un corso di studio o disattivarlo del tutto per mancanza di requisiti, il che porterebbe ad un evidente svantaggio per gli atenei e per gli studenti.

Abbiamo sentito poi la Prorettore alla Didattica dell‘Università di Firenze, Anna Nozzoli.

Il 21 dicembre i giudici del Tar del Lazio hanno ammesso nell’Università di Firenze gli studenti che hanno presentato ricorso. Il ricorso trova ragione nel fatto che con lo stesso punteggio con il quale sono stati esclusi nell’Università di Firenze, sarebbero stati ammessi nell’Università di Roma. Le chiedo qual’è il suo parere sulla cosa, è giusto omologare i requisiti minimi per tutte le facoltà italiane oppure è giusto fare una differenza? Come si pone verso la decisione dei giudici di Roma?

Anna Nozzoli

Premetto che – in linea generale in relazione alla questione del numero programmato – a mio parere è necessario riuscire a trovare un ragionevole equilibrio tra il diritto degli studenti di esercitare la scelta del proprio percorso formativo e l’obbligo, non meno importante, da parte dell’Università, di fornire loro una formazione di qualità. A mio avviso, infatti, non si tratta di assumere sull’argomento una posizione d’ordine, per dir così, teorico o ideologico, quanto piuttosto di valutare con estrema serietà e correttezza il problema ai fini di offrire agli studenti un’offerta formativa qualitativamente e quantitativamente adeguata sotto il profilo della docenza, delle sedi, delle strutture, dei laboratori, delle attrezzature. Sulla questione specifica non entro nel merito delle decisioni del TAR, ma sottolineo soltanto che l’indirizzo del Ministero sembra andare verso la creazione di graduatorie uniche nazionali, come testimonia l’esperimento di quest’anno con l’associazione sperimentale di più atenei di Regioni limitrofe.

In tutto, sono più di 20 le ordinanze di sospensiva pronunciate tra fine Dicembre e la prima settimana di Gennaio dai diversi Tar italiani che hanno ammesso “con riserva” all’università decine di studenti esclusi dai test. Forse a causa o grazie a questi ricorsi si sta avvicinando la fine delle facoltà a numero chiuso in Italia.

Vincenzo Gatta

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