Il referendum scuola indetto dal Comitati Articolo 33 ha lo scopo di far esprimere l’opinione della cittadinanza su dove destinare i fondi pubblici destinate alle scuole primarie.
Destinarli solo e soltanto alle scuole pubbliche o mantenere lo stato attuale delle cose e continuare a destinare parte dei fondi alle scuole paritari.
Attualmente il Comune di Bologna investe 127 milioni di euro in favore della scuola pubblica, pari ad 1/4 del suo bilancio. Di questi fondi, 1.055.500 di euro (pari al 0,8%) sono destinati alle scuole paritarie convenzionate che accolgono oggi 1736 bambini. Il Comitato Articolo 33 si batte per destinare la totalità dei fondi alle scuole pubbliche e eliminare anche la piccola percentuale di fondi alle scuole paritarie.
La campagna referendum scuola è stata carica di tensioni. Molte, quasi la totalità, delle forze politiche ha chiesto ai cittadini di recarsi alle urne per il referendum scuola e per votare la B, cioè continuare a mantenere una parte di fondi da destinare alle scuole paritarie, mentre i vari movimenti capitanati dal Comitato Articolo 33, hanno condotto una campagna referendum scuola in favore della A.
Il risultato del referendum scuola ha premiato la A, destinare i fondi alle sole scuole pubbliche, con il 59% dei voti. Dato importante è stata la scarsa affluenza alle urne, infatti, solo il 28% dei votanti ha espresso la propria preferenza.
Abbiamo sentito Agostino Arciuolo che è stato osservatore nel seggio di San Donato per il Comitato Articolo 33 che ha proposto il referendum scuola, chiedendogli informazioni sul referendum e sul suo esito.
Nel seggio del referendum scuola in cui hai fatto da osservatore quale è stata la percentuale di partecipazione e quali i risultati, rispetto a quelli totali?
“Al seggio di via San Donato, quello in cui ho fatto da osservatore per il Comitato, l’affluenza è stata di un punto percentuale superiore alla media comunale, e l’opzione A (quella per la scuola pubblica) ha quasi raggiunto il 65%, risultato di gran lunga più alto rispetto al dato cittadino complessivo (che si è attestato sul 59%). Ora, tenendo conto del fatto che San Donato è un quartiere dove il PD ha sempre raggiunto ottimi risultati elettorali, c’è da pensare che questa volta i votanti della zona hanno scelto di trasgredire le direttive che i vertici del Partito, con gran dispiegamento di mezzi e in coro con le altre maggiori forze politiche ed ecclesiastiche, vanno da tempo propagandando. Anche a Borgo Panigale è successo qualcosa di simile. Segno che qualcosa si è rotto, che si è aperta una crepa profonda, difficile da rimarginare, ma dalla quale possono emergere delle potenzialità nuove, rimaste finora inespresse. E questo è certamente uno dei dati politici più interessanti.”
Ci sono stati problemi nel corso delle operazioni di voto?
“Il principale inconveniente si è rivelato essere la difficoltà da parte di un gran numero di votanti nell’individuare il numero della sezione in cui votare. Ciò ha provocato non poca confusione, costringendo i più a girovagare all’interno del seggio alla ricerca della sezione corretta (e finendo così per turbare quell’atmosfera di calma e tranquillità in cui qualsiasi convocazione democratica dovrebbe svolgersi). In alcuni casi, questa situazione ha portato persino all’abbandono del seggio da parte di qualche cittadino, spazientito per non essere riuscito a reperire in tempi ragionevoli la propria sezione. Non è mancato, inoltre, chi ha espresso esplicite rimostranze per l’eccessiva lontananza del seggio elettorale dalla propria abitazione. Ora, per quanto va detto che gli elettori più avveduti arrivavano al seggio provvisti della lettera comunale con l’indicazione precisa del numero del seggio (non trovando così alcuna difficoltà di sorta), noi riteniamo che una buona parte di responsabilità per quanto accaduto sia imputabile alle modalità con cui il Comune ha scelto di condurre l’organizzazione del referendum scuola, posizionando i seggi in maniera molto discutibile e utilizzando una strategia di informazione davvero poco efficace. In tutta evidenza, il dato non positivo dell’affluenza non può che essere stato conseguenza anche di queste spiacevoli circostanze.”
Nel referendum scuola la vittoria è stata della A, come è stata accolta dal Comitato Articolo 33?
“Naturalmente il Comitato Articolo 33 ha accolto con gioia e soddisfazione la vittoria della A. In barba ai detrattori del risultato referendario, infatti, noi riteniamo che i bolognesi abbiano reagito positivamente, di fronte ad un tema che, peraltro, non occupa al momento un posto di priorità nelle preoccupazioni comuni. Bisogna poi considerare che un’affluenza di poco meno del 30% per un referendum consultivo, non vincolante e senza quorum, è già di suo un risultato soddisfacente, segno che il Comitato è riuscito, senza mezzi finanziari e contando solo sull’organizzazione dal basso di poche decine di volontari, a mobilitare una buona fetta di cittadinanza (quasi novantamila persone, di cui cinquantamila hanno votato per la A). Senza contare che quelli che oggi tentano in tutti i modi di sminuire l’esito del referendum scuola sono gli stessi che fino al giorno prima invitavano la popolazione a votare per l’opzione B, e non, si badi bene, ad astenersi. Ragion per cui, ammesso e non concesso che l’affluenza sia davvero stata bassa, qualche domandina dovrebbero farsela pure loro.
Il Comitato Articolo 33 come si è mobilitato per questo referendum scuola?
“Come ho appena detto, il Comitato Articolo 33, dopo aver ottenuto la convocazione del referendum scuola, ha condotto una campagna referendaria veramente encomiabile, riuscendo a calamitare l’attenzione su un problema, quello della scuola, che oggi non rappresenta certo una priorità. Ed è riuscito a farlo senza contare su nessun tipo di appoggio economico, puntando esclusivamente sulla forza d’animo e sulla creatività dei volontari che, come me, si sono messi a disposizione per volantinare, parlare con la gente per strada, diffondere dati e informazioni, organizzare cene di autofinanziamento, curare la comunicazione sui social network e via dicendo. Il fronte per il B, dal canto suo, ha invece potuto contare sui più influenti e facoltosi apparati di potere, cittadini e nazionali. Insomma, per dirla con i Wu Ming, si è trattato davvero di fionde contro carri armati, trecento spartani contro l’esercito di Serse, Davide che vince contro Golia.”
Cosa ne pensi della decisione del sindaco Merola di non eliminare le convenzioni?
“E’ l’ennesima e ulteriore testimonianza che i dirigenti del PD (e non solo quello bolognese) sono incapaci di ascoltare le domande di cambiamento che giungono dal basso, dalla cittadinanza, spesso dalla loro stessa base elettorale. Non credo che con questo atteggiamento possano andare ancora lontano. Intanto, però, sembra che il referendum scuola abbia quantomeno sortito l’effetto di far giungere la questione ai piani alti della politica (almeno a giudicare dalle dichiarazioni in merito del Ministro Carrozza, per la quale “il voto stimola la riflessione nazionale”). Il Comune, ora, ha tre mesi di tempo per esprimere una posizione ufficiale rispetto alla consultazione. Staremo a vedere. Un fatto però resta certo: che l’esperienza del Comitato si spinge ben oltre questo referendum, avendo dato voce ad una forza cittadina fresca, attiva e vitale, che ha trovato in questa campagna referendaria un’occasione propizia per esprimere tutta la propria voglia di partecipazione e cambiamento.”
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Abbiamo infine raccolto le opinioni di due maestre di scuola primaria, una pubblica e una privata.
B.G. maestra di italiano all’Istituto Comprensivo Federzoni di Bologna e E.P. dell’Istituto Sant’Alberto Magno, chiedendogli cosa ne pensano del referendum e del risultato.
Crede che sia giusto indire un referendum per eliminare le convenzioni alle scuole private?
B.G. – Credo che sia giustissimo. Dopotutto devono essere i cittadini a decidere se dare o non dare soldi alle scuole private. Sono proprio i figli di coloro che sono andati a votare, o sarebbero dovuti andare,che frequenteranno quelle scuole, quindi è giusto che decidano dove e in che proporzione destinare i fondi alle scuole.
E.P – Dopotutto si tratta dei loro figli, quindi chi più di loro ha il diritto di decidere. Penso che questo referendum dovrebbe essere indetto a livello nazionale e non solo locale.
La vittoria è stata della A, quindi per l’abolizione delle convenzioni alle scuole private.
Cosa ne pensa del risultato del referendum scuola?
B.G. – Giustissimo. Le scuole private hanno delle rette annuali molto alte e non hanno bisogno di altri finanziamenti per poter assicurare la didattica. Nella scuola pubblica spesso e volentieri i fondi non sono sufficienti e le strutture lasciano molto a desiderare. Penso che i fondi debbano essere destinati solo e soltanto alle scuole pubbliche, dopotutto soldi pubblici alle scuole pubbliche.
E.P. – Nonostante lavori in una scuola privata, sono d’accordo al risultato del referendum. Le scuole private possono essere autosufficienti basandosi sulle rette che pagano gli studenti, o meglio le famiglie degli studenti. Sinceramente penso che chi dice che anche le scuole private abbiano bisogno di finanziamenti pubblici per andare avanti, dice una menzogna.
Indipendentemente dal referendum scuola, crede che la scuola pubblica dove insegna abbia sufficienti fondi?
B.G. – Nel modo più assoluto no. Spesso compro personalmente dei materiale da usare in classe. Ogni fine anno facciamo una raccolta fondi per poterci assicurare un piccolo fondo a cui attingere per ogni evenienza. Alle volte non possiamo portare avanti dei progetti interessanti e utili alla crescita dei bambini perchè costano troppo. Spero che i finanziamenti siano aumentati e sopratutto si controlli meglio su eventuali sprechi.
E.P – Come ho detto io lavoro in una scuola privata, quindi non conosco la realtà della scuola pubblica. Le mie conoscenze si basano su ciò che dicono le mie colleghe o le mie amiche; stando a quanto sento la situazione non è delle migliori e deve essere migliorata.