Manuela Ghizzoni
In attesa della prossima Legge di Stabilità e della così detta Buona Università, non si ferma il dibattito parlamentare intorno alla riduzione delle tasse universitarie.
Tra proposte e nuovi modelli Isee ed Iseeu, ecco tutti gli aggiornamenti sulla questione tasse universitarie e sulla Buona Università in progetto. Sarà cambio di passo? Intervista esclusiva all’On. Manuela Ghizzoni.
Dopo la Buona Scuola arriva la Buona Università? Il Governo conferma la disponibilità a “rottamare le rigidità” del sistema tasse universitarie. Pronto un piano per la Buona Università.
Molti i temi sul piatto del nuovo progetto riforma di Buona Università: orientamento, diritto allo studio, finanziamenti, valutazione, didattica e, ovviamente, contribuzione studentesca.
Buona Università e Tasse Universitarie: quanto costa studiare in Italia
Quando il dubbio diventa certezza. Studenti italiani i più tartassati d’Europa? Sembrerebbe di sì. Almeno se facciamo fede alle recenti stime Flc-Cgil, che, per il solo quinquennio 2009-2014, calcola un aumento complessivo delle tasse universitarie del 75%, per una tassazione media nazionale di oltre 1.500 euro annui a studente. Tra le più alte d’Europa. Un’ipertrofia galoppante, con una geografia tutta sua. A far registrare i picchi più alti, ancora una volta, sono gli atenei del Nord Italia: dai 1.802 euro a studente del Politecnico di Milano ai 1.614 della Statale. Più economiche, invece, le rette nelle università del Sud. A Potenza, l’Università della Basilicata chiede 490 euro l’anno a studente, mentre a Catanzaro (Magna Grecia) la contribuzione si aggira intorno ai 532 euro.
Dura tax, sed tax. Così il Bel Paese, già maglia nera europea quanto a capacità di sfornare laureati, incassa l’ennesima sberla “comunitaria”. Prima di noi, come analizza il rapporto Education at a Glance, rilasciato dall’Ocse nel 2014, c’è solo il Regno Unito, coi suoi oltre 4.500 euro (media “comparativa”) l’anno in tasse agli studenti seguito da paesi d’oltreoceano come Giappone, Stati Uniti, Australia. Tornando in Europa, i paesi scandinavi sono, invece, i più virtuosi. Studiare non costa nulla. Lo sanno bene Danimarca e Svezia, dove chi desidera laurearsi riceve indistintamente una borsa di studio mensile di 900 euro, perché (per quanto “anomalo” possa suonare alle nostre latitudini) lo studio è considerato, a tutti gli effetti, un lavoro. A costo zero anche le università di Cipro, Malta, Ungheria, Repubblica Ceca e Grecia. In Germania, invece, le tasse sfiorano soglie vicine ai mille euro annui. In Belgio non superano i 653 euro l’anno, in Spagna sforano al massimo i 1.100, mentre in Francia si oscilla da un minimo di 200 euro a un massimo di 1.400. Ma a mettere la ciliegina su questa cartella clinica tutt’altro che esaltante dei costi e delle tasse universitarie tricolore è ancora l’Ocse, per la quale la nostra Università “vanterebbe” la percentuale più bassa di studenti con borse di studio (il 20%) unitamente alla percentuale più bassa (ex equo con la Spagna) di residenze universitarie (solo il 2%).
Riduzione Tasse Universitarie, Ultime News dalla Commissione Cultura
Una proposta di legge, quella relativa alla riduzione delle tasse universitarie, che, ricordiamolo, era entrata nella fase più “calda” del suo iter parlamentare qualche mese fa (7 Maggio 2014), quando il Sottosegretario all’Istruzione, Angela D’Onghia, aveva dato parere favorevole alla proposta di legge presentata dal deputato 5S Gianluca Vacca, in cui si chiede agli atenei italiani di ridurre la pressione fiscale nei confronti degli iscritti, per un risparmio sulle spese universitarie sostenute dalle famiglie stimato in un rotondo 20%.
Come è noto, fino al 2012 valeva per tutti gli studenti il principio per cui gli iscritti non dovevano superare il 20% di contribuzione al bilancio universitario (FFO). Oggi, invece, questo limite viene costantemente aggirato dacché dal conteggio sono stati estrapolati gli studenti fuori corso restati senza limite e, soprattutto, perché è stata ridotta la platea degli studenti (in corso) che devono mantenersi dentro il tetto del 20%. La ratio della proposta 5 stelle è, dunque, quella di ripristinare il limite del 20%, e di riportare in questo limite tutte le ulteriori spese che gli studenti sostengono presso l’università (biblioteche e altri servizi). Misure che, ovviamente, renderebbero indispensabile un controllo certificato dei bilanci degli atenei. perché, come spiega il deputato 5S Luigi Gallo, “già in presenza del limite gli studenti dovevano farsi carico dei ricorsi per ottenere un loro diritto, ovvero il rispetto di una limitazione della contribuzione stabilità per legge.”
Ma a destare interesse, in Commissione Cultura, è soprattutto la proposta di legge AC 2386, avanzata dal deputato PD Manuela Ghizzoni, che, proprio in merito al disegno pentastellato, parla di soluzione inadeguata e parziale, prevedendo, questa, l’abrogazione di una norma introdotta con la spending review, che sconta quindi il prezzo di caldeggiare il ritorno ad uno “status quo ante” palesemente fallimentare. Tesa a garantire agli studenti italiani un sistema di accesso all’università finalmente equo e attrattivo, la proposta-Ghizzoni si articola su alcune direttrici chiave:
- esentare dalle tasse tutti gli studenti di famiglie con basso ISEE, cioè l’indicatore dipendente da reddito e patrimonio, indipendentemente dall’anzianità di iscrizione ma purché “attivi”, cioè abbiano conseguito un numero prefissato di crediti formativi universitari;
- rendere contenuti e graduali gli incrementi di tassazione per gli studenti di famiglie con ISEE medio-basso;
- fissare un limite massimo al gettito medio per studente in ogni ateneo (invece che al gettito totale), modulandolo territorialmente in rapporto al reddito medio familiare regionale;
- applicare gradualmente il nuovo sistema e riservare una quota del finanziamento statale al sostegno dei bilanci universitari in relazione al numero degli studenti esenti e alla qualità delle strutture didattiche.
Questi, in sintesi, gli ultimissimi aggiornamenti. Di fatto il dibattito sulla caldeggiata riduzione delle tasse universitarie resta, in attesa di nuovi (e si spera risolutivi) tavoli di concertazione, ancora fermo colle quattro frecce.
Cosa cambia con la Buona Università e con il nuovo Isee
Anno nuovo, nuovi indicatori o meglio un indicatore “modulare”. Addio insomma all’ISEE “integrato”. Da Gennaio 2015 gli Italiani, infatti, hanno a disposizione ben sei tipologie di indicatori differenziati sulla base della prestazione agevolata richiesta. Uno di questi riguarda proprio gli universitari che chiedono di accedere alle prestazioni agevolate connesse al diritto allo studio, il cosiddetto Isee Università. Ma come funziona l’Isee Università e come compilarlo? Si tratta, in pratica, di richiedere un Isee ad hoc, calcolato assumendo come riferimento il reddito del nucleo familiare dello studente “slegato” dalla residenza anagrafica dello stesso.
Studenti e famiglie impegnati nel pagamento delle tasse universitarie non dovranno fare alto che compilare la Dichiarazione Sostitutiva Unica (Dsu) Standard (non la mini). La Dsu per l’Isee Università, più precisamente, può consistere o nella compilazione del modulo MB.1 (sul nucleo familiare e la casa) o del modello MB.2 (quadro C) sulle prestazioni universitarie: in questo caso occorrerà precisare la presenza dei genitori nel nucleo familiare e l’autonomia dello studente. Nel caso particolare in cui nel nucleo familiare sia presente un solo genitore e l’altro risulti non coniugato e non convivente, andrà compilato anche il quadro D del modello. Per quelle prestazioni, invece, che afferiscono ai dottorati di ricerca, permangono le regole generali che disciplinano l’Isee standard.
L’Isee Università va presentata all’Inps oppure alle segreterie dell’ateneo o l’ente per il diritto allo studio, che, entro quattro giorni dalla ricezione della Dsu, trasmetteranno in via telematica i dati al sistema informativo dell’Isee. Per maggiori chiarimenti, rimandiamo alla guida predisposta dal Ministero del Lavoro.
Scarica >> Istruzioni Isee Università e Tasse Universitarie 2015. Come richiedere e compilare
Ma quali sono, ad oggi, le principali novità sul tavolo della VII Commissione Cultura in merito al paventato alleggerimento delle tasse universitarie? Quali sono le novità della Buona Università
Come si abbassa la pressione fiscale su studenti e famiglie? E come risolvere le sofferenze economiche dei nostri atenei? Le coperture previste basteranno alla bisogna?
Lo abbiamo chiesto ad una “insider”, l’On. Manuela Ghizzoni (PD), ex Presidente della VII Commissione Cultura della Camera e attuale Vicepresidente della stessa.
In tempi di Sblocca Italia, sono tante le questioni ancora da dirimere: tra queste lo spinoso tema della riduzione delle tasse universitarie. Ogni anno più esose, con rette spesso ampiamente sopra la media europea. I rettori puntano il dito contro sforbiciate ed amnesie del sistema politico. Dal 2009 l’università perderebbe ogni anno 1 miliardo di euro, obbligando de facto gli atenei a calcare la mano sulle tassazioni e a mettere la testa fuori dai tetti imposti dalla legge. Il Governo, invece, si trincera sotto la gonnella della crisi economica. On. Ghizzoni, quali e quante colpe ritiene sia possibile addebitare alla politica e quali/quante agli atenei?
“Attribuire delle colpe è un esercizio inutile, se fine a se stesso. Può servire, invece, per inquadrare il problema e i soggetti coinvolti. E il problema, rispetto alle tasse universitarie, c’è. Per far frequentare l’università ai figli, una famiglia italiana affronta costi alti, tra i più alti in Europa secondo le analisi OCSE. Da noi uno studente paga in tasse più del doppio che in Francia, mentre in molti Paesi nulla si paga. Peraltro, solo l’8% degli studenti italiani riceve una borsa di studio mentre i loro omologhi francesi, tedeschi o spagnoli sono tre volte di più. In molte università, poi, la tassazione non è distribuita equamente rispetto al reddito e al patrimonio delle famiglie degli studenti, col risultato che le più abbienti pagano relativamente poco e le meno abbienti relativamente molto. In più, la tassazione media per studente oscilla molto, introducendo pesanti disparità territoriali a cui non corrispondono adeguati sostegni alla mobilità. La combinazione tra questi fattori – tasse alte e non distribuite in modo equo, poche borse di studio, squilibri territoriali, bassa mobilità – scoraggia l’iscrizione all’università: le matricole sono diminuite del 14% tra il 2009 e il 2013. Le università hanno autonomia impositiva e, quindi, hanno responsabilità diretta sul grado di equità e progressività delle contribuzioni imposte agli studenti, ma sulla loro entità pesa, in generale, il progressivo definanziamento del sistema universitario da parte dello Stato: il Fondo di Finanziamento Ordinario – FFO – è drammaticamente diminuito, di ben il 21% negli ultimi sei anni (l’incremento di 150 milioni a regime, deciso nell’ultima legge di stabilità, è importante ma non compensa i precedenti tagli). In questi anni di perenne instabilità politica e governativa, si è messo mano al sistema contributivo studentesco con interventi iniqui, ragioneristici e frammentari (in particolare, lo ha fatto il Governo Monti nel 2012). Questa è una delle colpe. Ora, è tempo che le parti in gioco intervengano per riparare agli errori compiuti, soprattutto a fronte dei preoccupanti dati sulle immatricolazioni e – di converso – dell’obiettivo imposto dalla strategia europea 2020 di raggiungere il 40% di laureati tra i 30/34enni (in Italia l’attuale percentuale è lontanissima all’obiettivo: 22,4!). Ritengo che i contenuti della mia proposta di legge – AC 2386 – possano intervenire positivamente per risolvere alcuni dei problemi esposti. Ma perché questo accada, i soggetti coinvolti devono compiere un percorso condiviso, soprattutto per quanto riguarda gli obiettivi.”
La Sua proposta consiste, sinteticamente, in una rimodulazione delle tasse in base ad un indice che variabile in base alla regione dove si trova l’università, cui si accompagna una contemporanea introduzione di una fasciazione progressiva. 3 i cardini: assegnazione agli atenei statali di una quota aggiuntiva di finanziamento in proporzione al numero degli studenti esenti, importo medio regionalizzato della contribuzione studentesca non superiore ai 900 euro, ma soprattutto una No Tax Area fino a 20.000 euro di ISEE. Ci aiuta ad approfondire il contenuto della Sua proposta?
“Quanto anticipato nella domanda è giusto. La mia proposta, sinteticamente, riflette su questo possibile scenario:
- esentare dalle tasse tutti gli studenti di famiglie con basso ISEE, cioè l’indicatore dipendente da reddito e patrimonio, indipendentemente dall’anzianità di iscrizione ma purché “attivi”, cioè abbiano conseguito un numero prefissato di crediti formativi universitari;
- rendere contenuti e graduali gli incrementi di tassazione per gli studenti di famiglie con ISEE medio-basso;
- fissare un limite massimo al gettito medio per studente in ogni ateneo (invece che al gettito totale), modulandolo territorialmente in rapporto al reddito medio familiare regionale;
- applicare gradualmente il nuovo sistema e riservare una quota del finanziamento statale al sostegno dei bilanci universitari in relazione al numero degli studenti esenti e alla qualità delle strutture didattiche.
Questo impianto di proposta faciliterebbe il rispetto dei principi di equità e progressività che già ora la legge dispone in merito alla contribuzione studentesca (ma la legge, si sa, non sempre viene rispettata…); inoltre, fissare il limite nazionale ad un valore non lontano dall’attuale valore medio lascerebbe invariata la contribuzione totale ma la si distribuirebbe più equamente tra le famiglie italiane, sia all’interno di ciascun ateneo che tra i vari atenei. Inoltre, contribuzioni più eque incentiverebbero i giovani ad immatricolarsi e ad impegnarsi in formazione universitaria, che resta l’investimento più redditizio secondo l’OCSE. Queste azioni positive abbatterebbero anche lo “spread della conoscenza”, che è altrettanto pericoloso di quello tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani e tedeschi.”
Non solo il M5S, anche il Ministro Giannini, tempo addietro, si era detta disponibile ed interessata a convergere, almeno in linea di merito. Tanto che si era parlato di un nuovi tavoli tra gennaio e marzo. Secondo Lei, ci sono i margini per addivenire, magari in tempi non eccessivamente logoranti, ad un testo unico condiviso?
“Me lo auguro! Peraltro, da parte del sistema universitario sono arrivati segnali confortanti. Il rettore dell’università di Bologna, Ivano Dionigi, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico – avvenuto alla presenza del primo ministro Renzi – ha detto che bisognerebbe azzerare le tasse per il conseguimento della laurea triennale (attingendo le risorse necessarie – ha aggiunto – dai risparmi che lo Stato recupera dal blocco degli scatti stipendiali dei professori!). All’università di Firenze, poi, grazie anche all’impegno costante delle organizzazioni studentesche presenti in Senato e nel CdA, dall’anno accademico in corso è stato introdotto un nuovo sistema di contribuzione che ricorda, nell’impianto, la proposta AC 2386. Non abbiamo lavorato insieme, ma siamo arrivati alle stesse conclusioni dopo un’analisi del contesto (che ho richiamato nella prima risposta). Quella di Firenze è una scelta incoraggiante, soprattutto se si considera che è stata assunta senza alcuna compensazione della quota di FFO. Dovremo studiarne gli esiti, in particolare per quanto riguarda la percentuale dei nuovi iscritti, le condizioni sociali delle loro famiglie, l’ammontare medio e complessivo del contributo studentesco. Informazioni utili per valutare la “fattibilità” del modello previsto nella proposta di legge e, soprattutto, per verificare se l’ammontare della quota di FFO prevista per la compensazione ai bilanci di ateneo sia adeguata. Ma la Commissione Istruzione e Università della Camera non è un semplice “servizio studi”: è la sede in cui si approntano leggi per risolvere problemi. Ora, per procedere nell’iter della proposta di legge AC 2386 occorre che il Governo passi dalla disponibilità all’impegno concreto nella discussione. Un impegno che non può più essere procrastinato.”
Una necessita, quella di calmierare le tasse universitarie, che ci riporta ovviamente al capitolo “risorse”. In questo senso l’aumento di 150 milioni del Fondo di finanziamento statale e di altrettanti del fondo per le borse di studio basterà a dare gambe alle novità previste dalla proposta? O serviranno altri e più consistenti investimenti per evitare, come mormorano gli scettici, che le promesse si risolvano nell’ennesimo spot ?
“L’incremento del FFO e del Fondo integrativo per le borse di studio sono decisioni molto utili e positive, che dopo gli anni di tagli draconiani non vanno assolutamente sottovalutate. Ma per dare gambe alla proposta sulla contribuzione universitaria occorre un impegno ancora maggiore, che può essere assunto progressivamente, nel corso di un triennio/quinquennio. Un impegno che ci aspettiamo sia preso a partire dalla prossima legge di stabilità.”