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Come diventare psicologo penitenziario: formazione, corsi e stipendio

Daniela Saraco 29 Ottobre 2020
D. S.
03/07/2024

Ecco come diventare psicologo penitenziario: corsi di studio, formazione, requisiti essenziali e stipendio per aiutare socialmente i carcerati.

Lo psicologo è un professionista che opera per favorire il benessere delle persone, dei gruppi, degli organismi sociali e della comunità. Lo psicologo in carcere ha quindi un ruolo particolarmente rilevante, proprio per il contesto in cui opera.
In generale questa figura professionale si occupa di psicopatologia, ma non solo. Altre importanti aree di intervento riguardano una molteplicità di situazioni, personali e relazionali, che possono essere fonte di sofferenza e di disagio. La sua attività ha l’obiettivo di favorire il cambiamento, accompagnando gli individui in particolari momenti di difficoltà.
Tra i molteplici ambiti di applicazione ci sono gli ospedali, i consultori, le scuole, il tribunale, i servizi per l’infanzia e l’adolescenza, le residenze per anziani. Un nuovo ambito è quello della psicologia penitenziaria.

Se vuoi sapere come diventare psicologo penitenziario, leggi la nostra guida. Anche per diventare Psicologo penitenziario il primo obiettivo da raggiungere dopo il diploma  è iscriversi all’Università. Chi vuole intraprendere questo percorso formativo, deve conseguire una laurea in Psicologia. Dopo è necessario superare l’Esame di Stato e iscriversi all’Albo professionale nella Sezione A, così da poter svolgere la libera professione.

Le materie caratterizzanti sono Psicologia generale, dinamica e clinica, giuridica, forense, criminale e della devianza, dello sviluppo e dell’educazione, sociale. È importante avere anche conoscenze in Sociologia, Antropologia, Criminologia e Psichiatria, così come approfondire il funzionamento del sistema giuridico e forense. La frequenza di un Master o un Corso di Alta Formazione è sempre consigliabile. E’, inoltre, fondamentale maturare una solida esperienza di stage e tirocinio in istituti di pena o riabilitazione.

Vediamo come diventare psicologo penitenziario, quanto guadagna e qual è il percorso formativo di chi vuole diventare psicologo in carcere.

Come diventare psicologo penitenziario: formazione e percorso di studi, diploma e post laurea

Uno Psicologo penitenziario è iscritto all’Ordine degli Psicologi. Le sezioni regionali dell’Ordine degli Psicologi pongono specifici requisiti di preparazione e anzianità. Deve, dunque, necessariamente conseguire la laurea all’Università e superare l’esame di stato abilitante.

A spiegarci meglio come diventare psicologo penitenziario è Rosaria Varrella: “Il cosiddetto psicologo penitenziario deve possedere una laurea in psicologia. Inoltre deve  risultare iscritto alla sezione A dell’albo regionale degli psicologi della Regione in cui risiede. Il decreto legge del 1999 n. 230 e il successivo DPCM del 2008 hanno sancito la fine della  medicina penitenziaria trasferendo le competenze in materia di salute dal Ministero della Giustizia a quello della Salute. E’ stata inglobata anche la tutela della salute mentale.

La Dottoressa prosegue: “In tal senso lo psicologo penitenziario è l’esperto ex art. 80. Ogni quattro anni circa ogni Provveditorato regionale indice una selezione pubblica. Questa è  finalizzata a costituire una graduatoria. Così ogni istituto attinge in base alle proprie necessità. Lo psicologo in sede di colloquio deve dimostrare di conoscere l’ordinamento penitenziario. Deve anche conoscere  il ruolo da svolgere una volta in servizio. Oltre al titolo di base, vengono valutati tutti i titoli aggiuntivi che il candidato possiede. Fondamentali sono i  master in criminologia o pubblicazioni.

Le linee guida fornite dalla professionista riescono quindi ad individuare gli strumenti formativi necessari per sapere come diventare psicologo penitenziario. Dunque, è fondamentale avere quanti più titoli di studio possibili per affrontare e superare la prova di selezione. In alternativa è possibile accedere alla professione tramite dei concorsi periodici indetti dal Ministero della Giustizia. Una volta superato il concorso si viene assunti con un contratto  in base alle esigenze della struttura penitenziaria a cui si  è assegnati.

Cosa fa uno psicologo penitenziario e quanto guadagna

Dopo aver chiarito come diventare psicologo penitenziario, spieghiamo le sue mansioni. Questo professionista lavora con le persone in carcere. Il suo compito è di  arrivare al recupero e al reinserimento del soggetto criminale nella società. Si occupa, dunque di realizzare trattamenti per stimolare il cambiamento. 

A spiegarci il ruolo di questo professionista nelle carceri è Rosaria Varrella: “Lo psicologo esperto ex art. 80  si occupa dell’osservazione della personalità. Entra a far parte dell’equipe composta da personale dell’amministrazione sotto il coordinamento del direttore dell’istituto. L’osservazione inizia quando il detenuto diventa definitivo. Cioè quando inizia l’esecuzione della pena. Durante la detenzione si apprendono elementi per verificare l’evoluzione della personalità e il grado di adesione ai trattamenti.

La Dottoressa continua: “L’equipe di osservazione si riunisce per redigere la relazione di sintesi contenente la proposta di trattamento. Questa deve essere approvata dal magistrato di sorveglianza. Lo psicologo contribuisce alla redazione per la sua sfera di competenza . E’ importante partecipare ai periodici incontri con gli altri componenti dell’equipe. Per fare questo lo psicologo  vede i detenuti  in osservazione oltre che tutti coloro che richiedono un incontro. Inoltre, sia il personale dell’area educativa che di polizia penitenziaria possono segnalare allo psicologo qualche emergenza o criticità. “

Importante, infine, è anche il ruolo che lo psicologo in carcere ha nella reintroduzione del detenuto nella società una volta scontata la pena.

Ma quanto guadagna? Lo stipendio medio di un professionista  è di 1.650 € netti al mese. Un Dirigente Psicologo o un libero professionista con uno Studio Privato, possono ottenere guadagni molto più elevati. Così come la partecipazione a progetti forensi o carcerari possono aumentare la retribuzione.

Emergenza sanitaria e rischi in carcere: cosa fa lo psicologo

In periodi o condizioni particolari, è necessaria  una maggiore vigilanza da parte degli psicologi. Questo è avvenuto durante il periodo dell’emergenza COVID-19 per l’aumentato rischio suicidario. L’evolversi della pandemia, infatti, ha portato inevitabili conseguenza anche sul sistema penitenziario italiano. Nella prima settimana di marzo 2020 sono stati distrutti e devastati 70 istituti penitenziari. In altri 30 si sono svolte manifestazioni pacifiche di protesta. 

Anche i detenuti che ritornano in carcere a seguito di revoca da domiciliari o visita medica esterna, sono tenuti ad osservare un periodo di quarantena. Si svolge in stanze singole all’interno di sezioni opportunamente create. C’è, dunque, necessità di un monitoraggio di queste persone isolate.

La Dottoressa conclude: “Questo professionista può infliggere ai detenuti punizioni in relazione ad infrazioni commesse previste dal regolamento. Ad esempio, la detenzione di oggetti non consentiti come il cellulare.  Può proporre, quindi, una progettazione specifica e attuarla se autorizzata dal provveditorato. In qualità di esperto, inoltre, lavora in autonomia e in collaborazione con l’area sanitaria sotto il coordinamento della direzione dell’istituto. E’ tenuto ad intervenire in caso di atti di autolesionismo o di rischio suicidio e a segnalarne il pericolo.”

Corsi per diventare psicologo penitenziario: quali sono e quali fare

Per sapere come diventare Psicologo penitenziario, bisogna prima essere laureati in psicologia. Solo dopo è possibile seguire un percorso formativo specifico. Solitamente questo percorso è  costituito da  3 anni  di esperienza tra corsi  e lavoro nel settore. Tra i maggiori master specifici in psicologia  elenchiamo:

  •  penitenziaria e profili criminologici
  •  giuridica e forense
  •  della devianza
  •  criminale e risk assessment 

Per sapere come diventare psicologo penitenziario, è necessario preparare i professionisti a sviluppare le conoscenze e le abilità  per operare in carcere. Bisogna curare la crescita personale. Migliorare le relazioni con le persone  vicine. E’ questo l’ambito  più tecnico per il professionista penitenziario. I detenuti  hanno questi bisogni e la figura dello psicologo è di grande aiuto per loro. E’ in grado , infatti, di  far capire  le ferite inferte agli altri  o alla società con  i propri sbagli!

© Riproduzione Riservata
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Daniela Saraco Sona una donna, una madre, una docente. Scrivo di scuola e di formazione perché è il mio mondo quotidiano. La Direzione di Controcampus mi ha affidato la rubrica sulla scuola, per aiutare a capire meglio le notizie che raccontano la realtà scolastica, con pochi e semplici passaggi: • Cronaca, ossia il racconto dei fatti interessanti accaduti nel mondo della scuola • Inchiesta, è l'approfondimento di un tema attraverso ricerche e interviste. • Intervista, è interessante fare due chiacchiere con una persona particolare che ci può raccontare un'esperienza o una sua opinione. Perché è così difficile raccontare la scuola sui giornali? Perché è difficile trovare giornalisti davvero specializzati nel settore, che ha le sue caratteristiche peculiari e anche il suo lessico giuridico. Far scrivere un articolo sulla scuola a qualcuno che non sa cosa sia un PTOF, ignora le direttive delle ultime circolari ministeriali, non conosce la differenza fra un concorso abilitante per entrare in ruolo e uno aperto solo agli abilitati è come affidare la spiegazione di un discorso finanziario a un giornalista che non mastica neppure i termini base dell'economia. Gli articoli che riguardano la scuola e i suoi problemi, solitamente, nelle redazioni ormai sono affidati in molti casi a cronisti generici. Questo perché, mancando pagine specializzate e un interesse continuativo per il settore, l'articolo parte quasi sempre da un fatto specifico di cronaca spicciola avvenuto in tale o tal altro istituto, e che viene portato a conoscenza dei media da persone estranee alla scuola stessa. Io, invece, essendo ferrata sulle normative del settore e sui termini tecnici e avendo una memoria storica consolidata di quanto è avvenuto in precedenza, racconto episodi e avvenimenti di cui capisco la reale sostanza. Una scuola non ha un ufficio stampa o un addetto ai rapporti con i media, il Ministero non interviene se non con scarni comunicati che riguardano cose sue, i Presidi si trovano a dover rispondere a domande che rischiano di toccare particolari aspetti della privacy degli alunni e che, se rivelati incautamente, possono avere pesanti ripercussioni sulle vite di ragazzi spesso minorenni. Ecco perché risulta importante e necessario far scrivere di scuola a chi la scuola la fa! Leggi tutto