Xenofobia, discriminazioni e razzismo a scuola, università e lavoro: cause, conseguenze, rimedi: il punto dell’avvocato Hilarry Sedu e la Psicologo Anna Quaglia.
A chi non è mai capitato, ad esempio al bar, di sentire il barista rivolgersi agli italiani dando del lei, e nel contempo ad un extracomunitario dandogli del tu!
Ed a caso abbiamo citato il bar, ma questo accade ovunque, anche in una sede di tribunale, come ci racconta l’avvocato Hilarry Sedu. Ne consegue che il razzismo è tale, a prescindere dal contesto in cui viene a realizzarsi.
Non può essere ignorato che iniziamo ad assistere alle discriminazioni razziali già dai primi contatti di socialità, che si hanno a scuola, prima, e all’università. Ci troviamo del resto di fronte ad una enorme contraddizione. E’ proprio nella culla della cultura occidentale, dove dovrebbero convivere armoniosamente diversità di pensiero, che si verificano barbare forme di discriminazione.
L’Italia è abituata a confrontatosi con episodi di inciviltà tali, da finire poi sulle pagine dei giornali. Pensiamo all’esclusione di alcuni bambini dalla mensa scolastica. Il razzismo a scuola inizia prestissimo: dalla scuola primaria alle scuole elementari, non mancano episodi di discriminazione in classe.
Quando in classe arriva “lo straniero”, la principale preoccupazione dei docenti è quella fare “integrazione”, ossia organizzare corsi di italiano, educazione civica e magari storia. L’obiettivo della scuola è di “assorbire” il nuovo arrivato, i programmi del Miur in questo caso sono rivolti in maniera esclusiva alla sua diretta integrazione, senza tenere conto, ad esempio, dei compagni di classe. Pretendiamo che gli stranieri si adeguino al crocifisso in classe, alle nostre tradizioni, senza considerare che i primi a guadagnarci da uno scambio culturale potremmo essere proprio noi. Un atteggiamento di apertura che dovrebbe iniziare proprio dalla scuola, in classe. Agli studenti viene insegnata la tolleranza, che è sopportazione. Quando invece occorrerebbe avere consapevolezza del diverso, delle sue potenzialità, delle sue capacità, per uscirne insieme arricchiti.
Mancano lo scambio e l’accettazione. Non c’è vera integrazione e inclusione. Non meravigliamoci, quindi, dei casi di razzismo a scuola, università, lavoro.
Discriminazione e razzismo a scuola, università e lavoro in aumento: perché e quali sono le cause
E’ ai nostri insegnanti, ma ancor prima di loro, ai nostri dirigenti e a chi guida il nostro Paese che dovremmo affidarci. Ma come possiamo farlo, quando ancora oggi sentiamo parlare del fenomeno della immigrazione, non come opportunità, ma come problema da confinare?
Il nostro atteggiamento di chiusura è ancestrale: siamo tra i primi nel mondo a non conoscere le lingue straniere. Lo dimostrano palesemente anche i nostri leader politici, che balbettano in conferenze di stampo internazionale.
Riconosciamo i nostri limiti, ma non vogliamo che qualcuno ci insegni a fare meglio e ad essere migliori. Si chiama ignoranza, più che razzismo, presunzione e arroganza. La stessa accaduta all’avvocato Hilarry Sedu, al tribunale dei Minorenni di Napoli, quando un giudice gli avrebbe addirittura chiesto: “Ma sei laureato?”.
Ma come è possibile che si verifichino questi episodi? Quali sono le cause principali del razzismo a scuola, università e lavoro? A spiegarcelo la dott.ssa Anna Quaglia, Psicologo Psicoterapeuta Cognitivo e l’avvocato e consiglieri dell’ordine, Hilarry Sedu.
“Già nell’epoca fascista la psicologia ha studiato il fenomeno, mettendo in luce che le differenze del colore della pelle rappresentavano un vero pericolo per la razza ariana. – Afferma la dott.ssa Anna Quaglia e continua -.
“La memoria storica riporta a guardare “l’altro” di colore come una minaccia. Vi è un atteggiamento ansioso nei confronti di queste persone. Si sviluppa così un comportamento incline al pre-giudizio, facendosi un’idea con dei preconcetti. Se il giudizio è di per sè un errore psicologico, il pre-giudizio lo è ancora di più. Questo perché si giudica in maniera preventiva guardando semplicemente lo stimolo”.
“Ciò lo possiamo vedere” – sottolinea la dott.ssa Quaglia – “sia per la scuola, l’università che il lavoro. Non dipende dagli ambienti, bensì da questo comportamento umano che purtroppo è universale”.
Più razzismo nelle scuole, meno discriminazioni all’Università
Nel caso del razzismo a scuola, università e lavoro, ci fa sapere l’avvocato Hilarry Seddu, diverse sono le cause e le stesse conseguenze.
“Nel mondo universitario difficilmente ho trovato discriminazioni. – Asserisce l’avv Seddu e continua – “Anzi, vi è sempre stata una grande apertura culturale perché “Universitas” racchiude l’esercizio di una libertà culturale erga omnes”.
“Infatti – aggiunge l’avvocato – “è molto noto il caso di Patrick Zaki dell’Università di Bologna la quale sta compulsando le autorità ai fini di riconoscergli la cittadinanza italiana”.
“Abbiamo capito che nel corso degli anni il grado di istruzione non è garanzia assoluta della cultura di una persona”. – E quindi, conclude l’avvocato Hilarry Seddu – “Bisogna investire di più in cultura sui progetti sociali che prevedono la interculturalità. Dato che l’Italia è un paese multietnico, è necessario che le diverse etnie interloquiscano tra di loro per scambiarsi messaggi”.
Come contrastare il razzismo a scuola, università e lavoro
La discriminazione è una minaccia soprattutto per la salute di chi ogni giorno la vive sulla propria pelle. Secondo gli studi raccolti da Psychology Today, chi la sperimenta rischia di ammalarsi sia fisicamente che psicologicamente.
Lo conferma la dott.ssa Anna Quaglia quando ci parla di razzismo a scuola, università e lavoro e delle sue possibili conseguenze.
“Ci sono diversi studi nel campo psicologico che ci dimostrano che andiamo in contro a delle vere patologie di ordine clinico, quali: ansia, depressione, disturbi alimentari ed anche ad abuso di sostanze”.
“Le nozioni di uguaglianza, rispetto e tolleranza, possono e devono essere insegnate ai bambini fin dalla più tenera età. Bisogna mettersi in gioco e dar voce a chi non ce l’ha. Tocca reagire in modo diverso” – continua la psicologa -.
“Va promossa la compenetrazione tra le varie diversità perché ognuno di noi ha delle diversità con l’altro e quindi dobbiamo insegnare il valore della curiosità”.
“Come? – Asserisce la dott.ssa – “Beh, anche attraverso l’ascolto di musica multietnica, attraverso l’educazione di cucina differente. O la scoperta delle culture differenti per provare a capire quali siano le sensazioni trasmesse”.
“Per contrastare il razzismo a scuola” – Spiega la dott.ssa Quaglia – “sarebbe opportuno che si dia a questo bambino un proprio spazio vero ed autentico. Dove possa esprimere e sviluppare le sue abilità partendo dai suoi punti di partenza, che sono spesso sconosciuti dal corpo docenti”.
“Mentre per contrastare il razzismo all’università – Aggiunge la dott.ssa – oltre a promuovere viaggi come ad esempio l’Erasmus, bisognerebbe promuovere più viaggi interculturali attraverso il mondo. Come per esempio” – Specifica – “in India o Africa. Questo porterebbe i giovani ad una scoperta interculturale dove si possono capire i bisogni dell’uno o dell’altro stando in un altro paese.”
“Per quanto riguarda il razzismo sul lavoro – è estremamente necessario rispettare l’altro perché si alimentano i livelli di produttività. Attraverso un paniere comportamentale diversificato è possibile anche scoprire comportamenti e soluzioni migliori. Come una sorta di brainstorming l’altro è visto come una risorsa ed è possibile avere un atteggiamento trasversale e quindi risolvere un problema nel migliore dei modi”.– Conclude la dott.ssa Anna Quaglia –