Stiamo parlano di una problematica molto grande e capillare che si estende in tutta la scuola di ogni ordine e grado.
Tutti siamo stati in qualche modo protagonisti o osservatori di questi episodi. Di solito i genitori sono testimoni di episodi di bullismo alla scuola media, in ragione dell’età particolare e di passaggio dei ragazzi.
Ma non è raro che questi fenomeni di baby violenza nascano e si sviluppino sin dall’asilo o scuole elementari. In questi casi le domande sono ancora più pressanti, essendo i bambini più piccoli ed immaturi.
L’orgoglio e la paura, le difficoltà d’interazione ed i risvolti psicologici sono tutti aspetti della questione. Questione che è sempre rilevante. Basti pensare che il 50% dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni ha dichiarato di aver subito violenza, come riportato in alcuni articoli di violenza a scuola. In questo senso quindi il fenomeno assume ancora maggiore rilevanza quando i protagonisti sono bambini, anche molto piccoli.
Per quanto riguarda quindi la problematica del bullismo alla scuola materna abbiamo chiesto l’opinione di due esperte: Maria Falco, rettore e insegnante di asilo, e la psicologa Anna Quaglia.
Bullismo scuola materna: ruolo insegnanti asilo e genitori del bullo, come riconoscerlo e fermarlo
Se dunque come abbiamo detto il fenomeno della violenza a scuola è radicato, è proprio dai primi anni educativi del bambino che siamo voluti andare a cercare. Per questo era necessario parlare del bullismo nella scuola materna, per capire cosa spinge un bambino ad essere un bullo e cosi riconoscerlo e fermarlo.
Paradossalmente, quello che manca quasi sempre nei casi violenza a scuola è la denuncia della vittima del bullo, o dei suoi compagni.
Rimangono spesso episodi sepolti, ed è allora fondamentale capire in queste dinamiche quale sia il ruolo delle figure di riferimento.
“Il bullismo nell’asilo, così come nella scuola tutta, è un tema ampiamente discusso, così in molti ambiti che non riguardano solo quello educativo.” – Chiosa l’insegnate Maria Giovanna Falco –
“La scuola, però, ne è il teatro preferenziale per le dinamiche che la caratterizzano soprattutto nella secondaria di primo e secondo grado. In tal modo nessun insegnante, in quanto tale, può chiamarsi fuori e sentirsi esonerato dall’affrontare sempre e in prima persona ciò che prende forma e si sviluppa in un’aula scolastica. Ne è l’attore principale, o meglio, il regista.”
“Per un insegnante è difficile intervenire nelle dinamiche familiari. Ma è anche vero che in classe, specialmente con bambini piccoli, è facile instaurare piano piano un clima di sempre maggiore fiducia e cooperazione fra tutti.” – Continua l’insegnante -.
Ma gli educatori scolastici non sono gli unici ruoli di riferimento. In maniera anche maggiore, sono i genitori ad essere le prime figure responsabili in queste vicende. Ma i genitori devono intervenire, e nel caso, come? Abbiamo sul punto l’opinione della psicologa Anna Quaglia.
“Sicuramente l’asilo è uno dei primi campi dove i bambini si confrontano con i pari, per cui normalmente il genitore tenderebbe a voler intervenire direttamente e risolvere lui stesso il problema. Però domandiamoci quale messaggio stiamo dando al bambino. Gli stiamo dicendo che l’autorità vera è quella genitoriale, quando poi in classe ci sono delle maestre, e sono loro le vere autorità.” Sostiene la psicologa.
Individuare un caso di bullismo nella scuola materna, non è facile vista l’eta dei bambini, ma riconoscere un bullo all’asilo è indispensabile per la crescita del bimbo violento cosi come anche della vittima. Potrebbe essere proprio quest’ultima a far emergere il problema.
“Bisogna intervenire, nel momento in cui si hanno dei segnali di sofferenza del bambino. Ci sono dei segnali in cui dice che non si trova bene a scuola, che non ci vuole andare. Che c’è quel compagno che alza le mani, che urla”.
“Bisogna innanzitutto parlarne con le insegnanti e chiedere che cosa sta succedendo. Dopo di che il genitore può educare il bambino al riconoscimento delle emozioni. Quindi quello che va fatto è far riconoscere al bambino le proprie emozioni, far sapere che ci sono stati d’animo di rabbia, frustrazione o tristezza. E anche di paura in relazione al fatto che ci possono essere dei bambini più aggressivi.” – Fa sapere la psicologa Anna Quaglia spiegandoci che è necessario sapessi difendersi dal baby bullo all’asilo -.
Come riconoscere un bullo all’asilo e come fermarlo
Naturalmente la prima preoccupazione in caso di bullismo nella scuola materna e nelle elementari è come riconoscerlo per poi fermarlo.
“C’è un aspetto su cui voglio soffermarmi e che considero nevralgico per il problema che affrontiamo. La conoscenza, per questo è importante parlarne. Per parlarne in classe abbiamo utilizzato l’ormai nota canzone dello Zecchino d’Oro “Quel bulletto del carciofo”.
Parla la docente Maria Giovanna Falco, facendo riferimento ad un’esperienza di prima mano nella scuola d’infanzia che dirige. In questo senso, quindi, la strategia da seguire sarebbe quella della comprensione piuttosto che della soppressione.
“La canzone parla di un carciofo dispettoso, che infastidisce tutte le verdurine dell’orto, ma sottolinea come questo suo atteggiamento nasconda, in realtà, il bisogno di sentirsi amato. Questo bisogno sta in fondo al cuore di ogni piccolo e grande bullo. La necessità di sentirsi accolti, protetti, inclusi, amati. È una verità che gli anni, le storie familiari e i contesti diversi non cambiano.” – Continua la maestra –
“E come potrebbe ignorare un insegnante il bisogno d’amore di un alunno. Proprio di quello che ne ha più bisogno, ma che non sa dirlo. Quell’alunno che si diverte a distruggere le costruzioni degli altri, che passa vicino e dà una spinta, che ruba i pezzi che sta usando il compagno…cosa sta dicendo se non “ci sono anche io! Guardami!”?”
Cause bullismo scuola materna e rimedi per salvare un bullo all’asilo
Da quanto ci dicono gli esperti il bullo all’asilo e nella scuola primaria, è un bambino, che manda una richiesta d’aiuto. In questo senso, bisogna chiedersi quali possono essere le cause del bullismo nella scuola materna e del comportamento del bambino.
“Il baby bullo ha un profilo normalmente aggressivo, ma è comunque un bambino. Quando ha quei comportamenti di manifestazione delle azioni aggressive e se la prende con quelli più deboli, sicuramente sta ricalcando dei comportamenti che vede nelle sue persone di riferimento. Sono bambini che vivono in contesti dove l’aggressività viene manifestata con l’alzare le mani, o con il fare del male agli altri.” Sostiene la psicologa Anna Quaglia.-
Potrebbe trattarsi di atteggiamenti violenti imparati dalla tv o dai videogiochi?
“Certo anche quello ha il suo effetto se un bambino viene lasciato davanti alla tv per tanto tempo a vedere delle trasmissioni aggressive. Potrebbe ripetere questo comportamento, ma per gioco. Il bullo in realtà sceglie una vittima e bullizza quel bambino come se fosse lui stesso, per cui c’è una differenza tra il bambino che vede la televisione e per gioco imita comportamenti aggressivi, e quello che vuole scaricare la propria aggressività e la propria frustrazione facendo ad altri quello che è stato fatto a lui.”
Come si può fermare il bullismo nella scuola materna e aiutare il baby bullo all’asilo affinché smetta di avere un atteggiamento violento e aggressivo? Come ad esempio curando lo stress a scuola.
“Sicuramente già alle scuole materne si può lavorare su questo tipo di comportamento. Anzi, più presto si lavora e meglio è. Sicuramente si possono fare delle campagne di sensibilizzazione all’interno delle scuole stesse. Si possono invitare tutti i genitori a seguire dei convegni o degli incontri tenuti da psicologi professionisti dove si affronta il tema e lo si fa capire ai genitori stessi. Questi a volte sono anche inconsapevoli dei propri comportamenti nei confronti dei figli, e quindi li si può portare a riflettere e ragionare.” Indica la Dott.ssa Quaglia -.
“Inoltre si può lavorare in psicoterapia con questi baby bulli lavorando sulla fuoriuscita delle emozioni. Sull’elaborazione delle emozioni attraverso storie di fantasia create ad hoc dallo psicoterapeuta. Si possono implementare con l’aiuto di genitori o di altre figure di riferimento altri comportamenti più funzionali alla gestione delle proprie emozioni.” – Conclude la psicologa Anna Quaglia -.