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Figli di papà: cosa significa essere privilegiati e raccomandati

Flavia de Durante 24 Maggio 2021
F. d. D.
18/11/2024

Chi sono i figli di papà, e cosa significa essere privilegiati rispetto agli altri e raccomandati per il solo fatto di avere un certo cognome o una certa discendenza.

L’espressione essere figlio di papà cosa vuol dire: dal profilo psicologico e sociale al significato dell’espressione rivolta a quei giovani, provenienti da famiglie ricche o abituati agli agi e pochi sacrifici.

Pretendere e ottenere senza il minimo sforzo: ecco il binomio che caratterizza i figli “di qualcuno”. Ragazzi cresciuti e abituati agli agi, accontentati in tutto e per tutto da genitori benestanti o comunque abituati a privilegi che, il più delle volte, concedono ai propri figli qualsiasi vizio.

Questo, ovviamente, non si limita al periodo dell’infanzia. Ma aumenta e si verifica anche durante l’adolescenza e l’età adulta. Dalle raccomandazioni a scuola, all’università fino al posto di lavoro. Il tutto, per avere una vita “facile”, senza sacrifici e sforzi.

Ovviamente, essere discendenti da una famiglia ricca o comunque importante, non è una colpa. Ma essere considerati soltanto per via del proprio cognome può essere difficile. C’è chi si sente grandioso, e si fa un vanto dei suoi agi “immeritati”. E c’è chi invece fatica ad emergere, lottando per tutta la vita contro i giudizi esterni.

Cosa è giusto e quando è sbagliato? A dirci cosa significa cosa significa figli di papà, chi sono i privilegiati e raccomandati secondo un profilo psicologico, la dottoressa psicoterapeuta Anna Quaglia.

Chi sono i figli di papà: dalle raccomandazioni a scuola, università e lavoro alla vita “facile”

Essere figli di papà, in Italia i cosiddetti “raccomandati” o privilegiati, può causare varie problematiche nel corso della crescita di un giovane ragazzo, figlio di genitori ricchi e abituato agli agi, per questo è importante comprendere il significato dell’espressione e le sue conseguenze. Ci si abitua ad essere accontentati, non si lotta mai per quello che si deve ottenere. Spesso non si hanno obiettivi o, caso peggiore, si vive con la consapevolezza di raggiungerli senza impegno ma con una semplice raccomandazione.

“Nel momento in cui bambini e ragazzi crescono con tutti gli agi e con le richieste soddisfatte senza il minimo sforzo, viene percepita da loro una certa idea. Ossia, che si possa ottenere tutto in maniera gratuita. Questo comporterà la non abitudine all’impegno, allo sforzo, alla fatica. E, di conseguenza, all’assumersi le responsabilità per le proprie scelte e per i propri obiettivi.” – Principia la psicoterapeuta Anna Quaglia.-

“La vita implica sforzo e fatica. Il rischio, per questi ragazzi, è che, trovandosi davanti al minimo sforzo o impegno, si abbandoni immediatamente. Così si rimane in una sorta di limbo in cui non si riesce più a considerare ciò che piace o interessa. A lungo andare, questo può portare numerose insicurezze ed incertezze. Come l’assenza di motivazione, o il credere che le proprie motivazioni e aspirazioni siano pressoché nulle.”– Puntualizza la professionista in psicologia.-

Come abbiamo visto, questi ragazzi da una parte s’impettiscono fieri poggiandosi su ciò che i genitori concedono loro. Dall’altra, nonostante privilegi e raccomandazioni i figli di papà, vivono una condizione di infelicità. Perché magari vengono additati dai loro compagni e coetanei come “privilegiati”. O perché, talvolta, non riescono ad inserirsi socialmente.

“Questi ragazzi vivono la frustrazione di non sentirsi parte del gruppo, adeguati o all’altezza dei compagni. Questo avviene poiché vedono che gli altri si sforzano e si impegnano per raggiungere i propri obiettivi, contrariamente a loro. Infatti, chi è sempre avvantaggiato senza meriti o sacrifici, sente di non avere la forza nè fisica nè psichica di concentrarsi per ottenere qualcosa. L’impedimento è sentire una fatica alla quale non si è allenati.”- Chiarisce la dottoressa Anna Quaglia.-

Cosa significa e comporta essere privilegiati e raccomandati

Non è difficile immaginare come possa essere la vita di un ragazzo raccomandato a scuola all’università e nel mondo del lavoro, figli di papà benestanti o comunque con un certo cognome. Ma quali sono le conseguenze da un punto di vista psicologico di una persona che si trova sempre avanti agli altri senza alcun sacrificio? A dircelo è proprio un cosi soprannominato dai suoi amici “Il Raccomandato”.

Mi sono reso conto troppo tardi del fatto che sulla mia testa ci fosse un’etichetta. Vengo da una famiglia ben nota della mia città natale. Non nascondo che i miei genitori, molto conosciuti e rinomati, mi hanno sempre “spinto” verso le posizioni migliori. Ero sulla bocca di tutti, coetanei e non, come il “raccomandato”. Additato come colui che non doveva muovere un dito poiché alle spalle aveva il papà ricco.”– Ci racconta M., parlando della sua esperienza di vita caratterizzata dall’essere “figlio di qualcuno”-

“Ho frequentato le scuole migliori e ho sempre visto accontentato ogni mio desiderio. Dalle sciocchezze alle cose più importanti. La mia cerchia di amici era composta, specialmente al liceo, da figli di amici dei miei genitori. Praticamente mie fotocopie. Eravamo tutti uguali, con i vestiti firmati e l’illusione di essere padroni del mondo. Ci sentivamo forti soltanto perché per i diciotto anni avremmo ricevuto la BMW. O perché non ci saremmo dovuti preoccupare del futuro.”- Continua il ragazzo.-

“Sarei un ipocrita a dire che non mi sia piaciuto non muovere un dito e avere un voto alto alla maturità. O entrare in un’università prestigiosa. Ho praticamente la certezza di essere stato raccomandato in alcuni momenti della mia vita. Io davvero non mi sono impegnato per raggiungere alcuni traguardi. E, col senno di poi, a dirla tutta, me ne vergogno. Comunque, fortunatamente per me, mi sono “svegliato”! Quando ho capito che i miei genitori mi stavano inserendo in un futuro che non sentivo mio, ho scelto di rinunciare ai miei privilegi.”-Ci fa sapere.

Sono stato “avanti agli altri” senza merito. Non incolpo la famiglia in cui sono nato, ma la mia convinzione di meritare tutto senza alcuno sforzo. Se potessi tornare indietro, quantomeno mi impegnerei. Molto di più.”- Conclude M.

Cosa ne pensano gli altri dei figli di papà: tra gelosia e legittimo fastidio

Tante sono le persone oscurate dai figli di papà, raccomandati a scuola, al lavoro o nella vita, senza veri meriti. Non è facile per chi non vive nei privilegi vedere qualcuno più in alto senza il minimo sforzo. Soprattutto quando si lavora faticosamente ogni giorno per raggiungere i propri obiettivi di vita. Come si può imparare a convivere con questa “ingiustizia sociale” che vede alla base un’assenza di meritocrazia?

“Bisognerebbe insegnare ai ragazzi che non hanno privilegi che, comunque, nella vita si possono incontrare degli ostacoli. Ed è molto meglio allenarsi a fronteggiare gli ostacoli, poiché si diventa degli adulti forti. A livello comportamentale, un obiettivo raggiunto con impegno e sacrificio ha maggiore valore rispetto ad uno raggiunto senza merito, in maniera gratuita. Chi raggiunge un traguardo in maniera “semplice” non sentirà nemmeno la gioia e la soddisfazione di trovarsi lì. Contrariamente a chi ha fatto di tutto per arrivare a quel punto.”– Chiarisce, concludendo, la psicoterapeuta Anna Quaglia -.

Mariarosa, studentessa ventiduenne, conosce molti ragazzi raccomandati a giurisprudenza, quei figli di papà che, anche nell’università, sono andati avanti per raccomandazioni o per il proprio cognome.

“Queste persone, probabilmente, si laureeranno con un voto più alto del mio. Hanno attualmente la certezza di trovare un lavoro che, con molta probabilità, sarà migliore del mio. Sanno che, quando tutto gli va male, possono contare sui loro genitori che gli faranno trovare la strada migliore spianata.”– Afferma la giovane.-

“Però, comunque, non li invidio. E non li stimo. Essere figli di papà, purtroppo, implica e significa avere dei vantaggi senza meritarli davvero. Io sono qui dove sono perché mi sono sempre impegnata e ho sempre dato il massimo. I voti che prendo agli esami sono farina del mio sacco. Un domani, per un lavoro, arriverò dove posso arrivare. Con la mia intelligenza e con le mie capacità. Non ho grande rispetto per chi va avanti soltanto grazie alle raccomandazioni dei genitori. Credo che il valore di una persona si misuri anche in base a ciò che riesce a raggiungere con le proprie forze e i propri sacrifici.“- Conclude Mariarosa con decisione.-

© Riproduzione Riservata
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Flavia de Durante Laureata in Lettere Moderne con il massimo dei voti all'Università degli studi di Salerno. Da sempre amante della lettura, mi diletto a scrivere sin dalla prima adolescenza. Mi interessa esplorare il mondo circostante in tutte le sue sfumature ed in particolare l'animo umano e i rapporti interpersonali. I temi che maggiormente mi interessano sono quelli legati alla cultura, alla storia, al costume, all'ambiente, all'attualità. Vedo nel settore del giornalismo non solo la possibilità di trasmettere dati ed informazioni, ma anche una grande opportunità di acquisire nuove e varie conoscenze. La curiosità e la voglia di sapere sono i motori principali che mi hanno spinto a intraprendere questo percorso. Leggi tutto