L’adolescenza è la fase della vita in cui ci si forma, in cui si fatica a sentirsi completi, in cui nulla sembra essere davvero definito e si teme il futuro. Le emozioni, tutte, si vivono a pieno, intensamente, con immenso trasporto. Le prime esperienze, i punti interrogativi della vita, i sogni. Ebbene, proprio quando tutto questo appare troppo grande da gestire, quando tutti i dubbi prendono piede, quando ci si lascia schiacciare dal peso di sensazioni nuove, i giovani, talvolta, cedono. Specialmente le sensazioni negative esplodono dentro con una potenza irrefrenabile, apparendo incontenibili. E, allora, si sente il forte bisogno di farle uscire fuori, per liberarsene. Di farle sgorgare come fiumi in piena, come rivoli di sangue.
Proprio in questa cornice così delicata s’inserisce l’autolesionismo nei giovani ragazzi e nell’adolescenza che si presenta in vari tipi, meno o più gravi, e che comporta conseguenze psico-fisiche gravissime e, purtroppo, i casi non sono pochi.
Gli studi attuali più attendibili indicano che gli episodi di auto-danno intenzionale sono molto diffusi tra i giovani dai 12 ai 24 anni. Nel 2008, Affinity Healthcare ha constatato che i casi tra i giovani potrebbero essere il 33%. Uno studio americano, effettuato tra studenti universitari, ha evidenziato che il 9,8% di loro, almeno una volta nella vita, ha avuto esperienze autolesioniste. Soprattutto tagli e bruciature. Inoltre, da recenti ricerche emerge che oltre il 15% degli adolescenti e dei giovani adulti è autolesionista.
Ma quante tipologie esistono e, soprattutto, come si può guarire quando gli adolescenti si fanno male da soli? A parlarci dei tipi di autolesionismo nei giovani, cause e conseguenze nell’adolescenza e a presentarci terapie e cure esistenti, lo psicologo e psicoterapeuta psicoanalitico Carlo Romano.
Tipi di autolesionismo nei giovani ragazzi e nell’adolescenza: danno, avvelenamento e lesioni
I diversi tipi di autolesionismo nei giovani e in adolescenza comportano, come si è detto, conseguenze gravissime dal punto di vista psicofisico ed è importante trovare le cause che portano un soggetto a compiere questo atto “disperato” per intervenire tempestivamente con cure e terapie. Spesso il fenomeno è associato a depressione, stress, ansia. O abuso di sostanze, complesse relazioni familiari e isolamento sociale.
Il farsi del male intenzionalmente da soli è estremamente diffuso già a partire dai 12-13 anni di età. Generalmente, i ragazzi usano lamette o oggetti appuntiti o taglienti per graffiarsi e tagliarsi. Oppure si bruciano con accendini. O si colpiscono, sbattendo violentemente il proprio corpo su superfici ruvide o molto dure. I pazienti autolesionisti spesso si feriscono in una singola sessione, concentrando le lesioni in un unico punto. Questo avviene solitamente in una zona inaccessibile del fisico o, comunque, che si può nascondere facilmente.
L’auto-danneggiamento intenzionale comprende differenti comportamenti. Possono essere divisi, principalmente, in tre categorie:
- auto-danno (l’abuso di sostanze, gioco d’azzardo etc.);
- auto-avvelenamento (l’ingestione di sostanze tossiche e l’overdose di droghe etc.);
- condotte autolesive (cutting, burning, branding).
Alla fine degli anni novanta sono stati identificati diversi tipi di autolesionismo, così diffuso nell’adolescenza tra giovani che non sanno gestirlo o come guarire.
- Autolesionismo maggiore: atti infrequenti e isolati che provocano un danneggiamento dei tessuti grave.
- Autolesionismo stereotipico: comportamenti ripetuti in modo costante e ritmico. Solitamente questo tipo è collegato altre patologie o sindromi.
- Autolesionismo moderato o superficiale: “lievi” auto-lesioni (tagli, bruciature, abrasioni). L’autolesionista utilizza rasoi, lamette o altri strumenti contundenti. Può essere episodico o ripetitivo.
Perché i ragazzi si picchiano da soli, cause: famiglia, amici…
I diversi tipi di autolesionismo nei giovani e nell’adolescenza possono avere differenti origini e cause e, a seconda delle motivazioni di partenza, si possono intraprendere specifici percorsi di terapia e cura per uscirne.
“Le cause dell’autolesionismo possono essere molteplici. Tuttavia, sarebbe un errore non tenere conto della sua funzione principale. Questo comportamento ha innanzitutto a che vedere con il processo di regolazione delle emozioni. Ognuno di noi utilizza delle strategie per regolare le proprie emozioni. Sia piacevoli che spiacevoli. È un processo che impariamo da quando siamo molto piccoli e che affiniamo e rimoduliamo col passare degli anni e delle esperienze.”- Principia lo psicologo Carlo Romano.-
“Quando non abbiamo imparato a regolare le emozioni forti con modalità funzionali, l’autolesionismo diventa una strategia, certamente disfunzionale, per la sua gestione. Insieme, ad esempio, all’utilizzo di alcool, delle droghe, delle abbuffate.”- Chiarisce.-
“Quindi situazioni come un litigio in famiglia, con gli amici, un brutto voto a scuola, il rifiuto di un/a partner possono portare a una forte attivazione emotiva. Che può essere regolata attraverso l’autolesionismo.”- Spiega lo psicoterapeuta.-
“L’autolesionismo porta sollievo in quanto quando ci procuriamo una ferita nostro corpo rilascia delle sostanze, gli oppioidi endogeni, che hanno la funzione di lenire il dolore. Il rilascio di queste sostanze fornisce una sensazione piacevole che è il motivo per cui da tali gesti si può diventare dipendenti. Proprio come se fossero una droga. È vero anche che si può ricorrere all’autolesionismo non solo quando si provano emozioni forti! Ma anche quando non si prova niente. Quando si sente un vuoto dentro, che potremmo definire esistenziale, e non si riesce a provare nulla. In questo caso l’autolesionismo può diventare un modo per sentire il proprio corpo vivo, sentire di esistere davvero.”– Afferma Carlo Romano, analizzando il fenomeno così diffuso tra i ragazzi e adolescenti.
Rimedi autolesionismo nei giovani ragazzi e nell’adolescenza: cure
Compreso il significato di autolesionismo nei giovani e nell’adolescenza, è importante chiedersi come si possa guarire e quali sono le cure esistenti. Che terapie sono previste? E, soprattutto, a chi deve rivolgersi un giovane autolesionista per chiedere aiuto?
“Per quanto riguarda gli interventi è innanzitutto di fondamentale importanza per la persona autolesionista di parlarne con qualcuno. Genitori, fratello, sorella, parenti, amici, professori. Lo psicologo scolastico se presente, un medico (medico di base o ad esempio il ginecologo del consultorio). Una qualsiasi persona di cui ci si fida.“- Consiglia il professionista.-
“È di fondamentale importanza potersi risolgere a uno/a psicologo/a che possa accogliere il disagio. E aiutare la persona a spiegarlo ed elaborarlo con lo scopo di trovare strategie più funzionali per la regolazione delle emozioni. Questo può essere un lavoro lungo e faticoso. Ma il beneficio che se ne trae sarà di gran lunga superiore a qualsiasi tipo di investimento. Sia economico che emotivo.”- Conclude lo psicoterapeuta Carlo Romano.
Ad oggi, per curare i comportamenti autolesivi, si utilizza molto la tecnica DBT. Ossia “Dialectical Behavioral Therapy”. Questa prevede un recupero del paziente individualmente e in relazione ad un gruppo. Oppure, si può lavorare sugli aspetti razionali e irrazionali del paziente attraverso la “classica” CBT. Dunque, la terapia cognitivo-comportamentale. In ogni caso, è sempre fondamentale che i ragazzi autolesionisti siano consapevoli di poter contare su un proprio caro o una figura di riferimento. Oltre che su un professionista.